Antonio Azzollini passa al contrattacco. Con una memoria difensiva di 9 pagine (che riportiamo integralmente) depositata presso la Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, presieduta da Dario Stefano, alle prese con l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal giudice per le indagini preliminari di Trani nei confronti del presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama in merito alla vicenda della casa di cura Divina Provvidenza di Bisceglie. E’ lo stesso senatore del Nuovo centrodestra, che contro il provvedimento del gip ha già proposto ricorso al Tribunale del Riesame di Bari, a ricordare nel documento le accuse nei suoi confronti: associazione per delinquere, indebita induzione e bancarotta per dissipazione.
MAGISTRATI OSTILI Una memoria nella quale Azzollini, innanzitutto, punta il dito contro gli inquirenti, lamentando nei suoi confronti “il clima e la non proprio serena attenzione della Procura di Trani”, contro la quale ricorda di aver depositato “una articolata denuncia” alla Procura della Repubblica di Lecce, al Consiglio superiore della magistratura, al ministero della Giustizia e al procuratore generale della Corte di Cassazione. Poi entra nel merito delle accuse, a cominciare dalla famosa frase “da oggi in poi comando io, se no vi piscio in bocca”, e dalle dichiarazioni rese da due testimoni, Nicolino Antonio e Attilio Lo Gatto (padre e figlio) in altrettanti interrogatori. Per entrambi, rileva Azzollini nella memoria difensiva, “non vi è alcuna convocazione ufficiale da parte della Procura per essere ascoltati come testimoni”. Di conseguenza, aggiunge il senatore di Ncd, “come ed in quale maniera… i due si siano ritrovati in Bari presso gli uffici del gruppo di polizia tributaria della Guardia di Finanza… non è dato comprenderlo”. Non solo. “La comparazione delle due deposizioni, rese da padre e figlio, raccolte inspiegabilmente a distanza di ben nove mesi (4 febbraio 2014 il primo e 20 novembre 2014 il secondo) l’una dall’altra con riferimento alla descrizione di un presunto medesimo episodio, ne fa emergere la chiara inattendibilità” essendo “incompatibili e connotate da una serie di imponenti elementi di discordanza“. Quanto alla collocazione temporale del fatto “secondo il padre, si sarebbe verificato a giugno-luglio 2009 ovvero, come poi dichiarato successivamente nel corso dello stesso esame, a luglio-agosto 2009”, sarebbe avvenuto “nel corso di una sera ed in tale occasione io sarei stato accompagnato da mio fratello Nicola…oltre che Da non so quante altre persone non meglio specificate”. Nicolino Antonio Lo Gatto, però, “non avrebbe ascoltato alcuna frase in particolare, meno che mai quella famosa Da oggi in poi comando io, se no, vi piscio in bocca, ma un più generico argomentare da parte mia che avrebbe messo KO il Consiglio Generalizio sostanzialmente dicendo che da quel momento ogni decisione doveva essere avallata dal mio consenso”. Il figlio, Attilio Lo Gatto, invece, “afferma che io, da lui visto personalmente arrivare da solo, mi sarei recato presso la direzione generale e, dopo aver parlato normalmente, non si sa bene di cosa, avrei gridato la famosa frase”.
SUORE A DISCARICO Insomma, dichiarazioni, ribadisce il presidente della commissione Bilancio del Senato “clamorosamente false oltre che divergenti su ogni punto ricostruito dell’evento”. Per questo, insiste Azzollini, chiamando in causa i magistrati della Procura di Trani, “sarebbe stato assolutamente opportuno aspettarsi dagli inquirenti almeno che si fossero attivati, con una cautela e prudenza che avrebbero dovuto essere imposte anche dalle conseguenze di cui oggi ci occupiamo, per una verifica più puntuale di quelle affermazioni”. Invece, “nulla, viceversa, è stato fatto”. Poi, una stoccata anche al gip: “Arrivare ad affermare che le imponenti discrasie rendono più genuine le dichiarazioni rese ai pm dai Lo Gatto appare, francamente, giuridicamente illogico oltre che insostenibile in punto di fatto”. Ma la chiave della difesa del senatore di Ncd, poggia sull’”esame dei documenti giunti al Tribunale della libertà”, dai quali “ho potuto acquisire quanto affermato da Cesa Rita” (Suor Marcella, nel cui ufficio si sarebbe tenuta la riunione durante la quale Azzollini avrebbe pronunciato la famosa frase) “e da Suor Mariana Laura, potenziale testimone dell’accaduto e che, così come tutte le altre suore, mai è stata ascoltata dalla Procura al fine di verificare l’esistenza di quel fatto oltre che l’attendibilità dei Lo Gatto”. Dichiarazioni che Azzollini riporta nella sua memoria alla Giunta. A cominciare da quella di Suor Marcella: “Escludo che il senatore mi abbia mai rivolto frasi offensive o minacciose come quelle riportate nell’ordinanza. Chi dice di averle ascoltate ha sicuramente sentito male!”. E poi, relativamente a Tonino Lo Gatto, aggiunge Suor Marcella, “posso riferire che, dopo aver lavorato con noi tanti anni in amministrazione, era andato via nel 2013 a seguito della procedura di mobilità. Ricordo che, a seguito di tale notizia… mi minacciò dicendomi che mi avrebbe graffiato la faccia a sangue”. Anche Suor Laura è sicura: “Con noi (il senatore Azzollini) è sempre stato gentile e cordiale”.
CUSTODIA INUTILE Poi c’è il capitolo relativo all’accusa di bancarotta per dissipazione mediante ricorso ad assunzioni inutili e clientelari. “Dalla lettura del capo d’imputazione si evince che sarei sempre indagato quale amministratore di fatto della casa di cura Divina Provvidenza e che da un dato di partenza di 197 assunzioni bancarottiere già a me sarebbero riconducibili solo 54 per Bisceglie”. E anche in questo caso, il senatore del Ncd parte da una premessa: “Che anche tale attribuzione si radica su un elenco fornito agli inquirenti da Lo Gatto Nicolino Antonio”. Un elenco “imbarazzante”, secondo Azzolini, perché “individua soggetti e sedi lavorative che nulla, assolutamente nulla, hanno a che vedere con il sottoscritto”. Insomma, argomenta il presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, «da 197 (assunzioni) passiamo, a leggere il capo di imputazione, a 54 per finire, a leggere le motivazioni della ordinanza, ad un solo nome» per altro «nemmeno a me ascrivibile». Il 19 dicembre 2013 il ministero dello Sviluppo economico sottopone la Congregazione ad amministrazione straordinaria, nominando commissario l’avvocato Bartolomeo Cozzoli. “Ed allora – osserva Azzollini – se è vero che chi scrive è considerato amministratore di fatto della casa di cura Divina Provvidenza e capo di una associazione per delinquere finalizzata… alla bancarotta… è, perlomeno, altrettanto vero che l’amministrazione straordinaria e la nomina del commissario” (l’avvocato Cozzoli, che il gip definisce “uomo a lui (ad Azzollini) non gradito in quanto di parte politica avversa – Cozzoli Bartolomeo è uomo molto vicino all’onorevole Boccia Francesco del Partito democratico…”), prosegue il senatore del Ncd, “rendono giuridicamente impossibile che io possa continuare a commettere i medesimi reati e di conseguenza inesistente ogni attuale e concreta esigenza che io venga tratto in arresto”.
PROCESSO ALLA LEGGE Arriviamo alle considerazioni finali. Con l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa nei suoi confronti, sostiene Azzollini, “il potere legislativo subisce una lesione gravissima” dal momento che “ad essere processato è un provvedimento legislativo che avrebbe consentito all’Ente casa di cura Divina Provvidenza di beneficiare di sospensioni e dilazioni nei pagamenti di oneri fiscali e previdenziali così da continuare a restare in vita”. Eppure, a “ben leggere” il paragrafo dell’ordinanza, “non sarebbe un solo provvedimento legislativo ad essere processato, ma innumerevoli, sfornati negli anni dal 2002 al 2013”. Nella sua memoria Azzollini sostiene, citando l’ordinanza del gip, che l’emendamento con il quale è stata inserita una delle norme considerate dai magistrati di Trani a favore della casa di Cura Divina Provvidenza, quella relativa alla proroga biennale della sospensione del versamento di tributi e contributi, porta la firma dei relatori di allora in commissione Bilancio: Paolo Tancredi (Pdl) e Giovanni Legnini (Pd), attuale vicepresidente del Csm. Queste le considerazioni del presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama consegnate alla Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, presieduta da Dario Stefàno. Che il 1° luglio presenterà la sua relazione conclusiva. Dalla quale potrebbe dipendere il destino di Azzollini.
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