Scuola

Precari scuola, Consulta rinvia decisione su docenti con contratto a termine

La Corte costituzionale avrebbe dovuto esprimersi il 23 giugno sulla sentenza della Corta europea che considerava illegittima la reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi nelle scuole italiane, senza specificare il motivo. Avvocato di Anief che cura il ricorso: "Passo molto grave, così bloccati i processi in corso"

Migliaia di supplenti lasciati a piedi dalla giustizia. Almeno per il momento. Tutti quelli che negli ultimi tre anni hanno fatto ricorso contro l’abuso dei contratti a termine e ancora aspettano una risposta dai tribunali, possono mettersi il cuore in pace. La Corte costituzionale il 17 giugno ha mandato un avviso agli avvocati in cui rinvia a data da destinarsi l’udienza per il giudizio sulla sentenza della Corta europea del 24 novembre 2014, che considerava illegittima la reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi nelle scuole italiane. La pronuncia dei giudici della Consulta era prevista per il 23 giugno. E ora nessuno sa quando sarà. Gli oltre diecimila insegnanti precari che hanno fatto causa al Miur protestano perché i tribunali in attesa del giudizio di legittimità costituzionale della sentenza europea bloccheranno i processi in corso.

“Una mossa inaspettata e parecchio grave quella della Corte costituzionale – commenta Walter Miceli, l’avvocato di Anief che cura il ricorso dal 2012 -. L’esercito di docenti precari che si era aggrappato alla legge adesso è senza garanzie. I giudici sono cauti e preferiscono aspettare il suo verdetto prima di procedere. Ma un rallentamento del genere rappresenta un impasse per la tutela dei precari, che se va bene continueranno a percepire uno stipendio più basso di quello degli insegnanti di ruolo perché impossibilitati a maturare gli scatti di anzianità”. Se l’Italia non si darà da fare al più presto per applicare la direttiva europea n. 70 del 1999, secondo cui dopo 36 mesi di servizio i precari hanno diritto a essere assunti a tempo indeterminato (a meno che non sussistano “ragioni oggettive”), “la Commissione europea ci sanzionerà con una pena pecuniaria”, spiega il legale. La decisione della Consulta potrebbe avere una seconda interpretazione però: “Forse, ma io non ci credo molto, è un modo per sollecitare governo e Parlamento a farsi carico dei loro doveri verso i lavoratori”, conclude Miceli.

Gli esonerati dal piano assunzioni sono pronti a presentare altri ricorsi. “E noi daremo il nostro patrocinio”, ha confermato la Flc Cgil. Il sindacato Anief, il primo a iniziare questa battaglia, ricorda che “chi ha frequentato i corsi di abilitazione Pas o i Tfa ha diritto all’assunzione, non a pillole amare presentate come regali”. E che tra i docenti esclusi rientrano anche “coloro che hanno conseguito il titolo all’estero e in Scienze della formazione primaria dopo il 2011”. Il presidente Anief Marcello Pacifico lo dice chiaro e tondo: “Chiunque si candidi a fare l’insegnante ed è stato abilitato dallo Stato, o ha avuto un titolo riconosciuto, ha diritto a essere immesso a pieno titolo nelle graduatorie per concorrere alle assunzioni. Senza baratti o ricatti. I nostri tanti precedenti positivi su questo genere di vertenze ci fanno ben sperare: fino a quando chi legifera o amministra non risponde delle norme incostituzionali o degli atti illegittimi in prima persona, la parola definitiva sarà sempre quella dei giudici”.