Tyrant, prodotto da FX (una rete cavo americana) è una serie su famiglia e potere basata sulla convinzione che “comandare” consista essenzialmente nel guardarsi da chi ti è più vicino. Niente di veramente nuovo per gli italiani che sanno di Matteo Renzi e Pierluigi Bersani nonché di Raffaele Fitto e Silvio Berlusconi. Ma forse anche altrove lo stupore è minimo perché supponiamo che ogni popolo ha sicuramente la sua versione di proverbi come: “L’erba del vicino è sempre più verde”, nel senso che per quelli del giardino accanto siamo comode prede, sicché conviene allearsi col vicino del medesimo per stringere quello di entrambi in una tenaglia paralizzante. Come facevano francesi e russi in funzione antitedesca. “Parenti serpenti” anche nella più intima versione “fratelli coltelli”, incarnati da Caino e Abele, Esaù e Giacobbe, fino ad arrivare ai Milliband Brothers litigiosi autori della recente sconfitta dei laburisti inglesi; senza dimenticare il celeberrimo “tra moglie e marito non mettere il dito”, estendibile a qualsiasi tipo di unione, di fatto o di diritto, di sesso opposto oppure replicato, che descrive l’intimità come un campo di battaglia.
Tutta questa secolare saggezza è riversata nella sceneggiatura di Tyrant, ambientato in una sintesi di Repubblica tirannica medio orientale, dove il potere, con tanti saluti a Montesquieu, poggia sui legami di sangue fra famiglie e tribù, ma dove l’incrinatura si crea proprio tra i due figli del dittatore morto di recente: il maggiore che più tirannico non si può, il minore, risciacquato in USA e anelante alla democrazia, che per favorirne l’avvento prima fa secco un anziano sceicco per sventare la rivolta dei suoi seguaci, quindi organizza la destituzione del consanguineo per prenderne il posto e avviare la nazione (?) verso alcune sorti magnifiche e progressive.
Però il maggiore, tiranno, ma non sciocco: 1) scopre il complotto, con il determinante aiuto della consorte, donna dotata di attributi (non meno, tanto per dire) della moglie del nostro Savastano (il boss di Gomorra) spesso tradita dallo sposo e da sempre a lui ostile, ma ora temporaneamente solidale difendere se stessa e il suo adiposo cucciolo; 2) tace quanto basta per dare al fratello l’opportunità di ripensarci; 3) infine, in assenza di marce indietro del medesimo, lo arresta e deve ora decidere della sua esecuzione capitale.
La risposta al sequel in cantiere che dovrà spiegarci anche come se la caveranno gli Usa, che da quelle immaginarie parti dovrebbero fare il bello e il cattivo tempo e sembrano invece l’asino in mezzo ai suoni, pur abbondando in cinici ambasciatori e in bazzuti ritratti di John Kerry, il segretario di Stato. In mezzo ai suoni, come gli americani, come ci è accaduto per gli “mmh” compiaciuti di chi accanto a noi oltre che allo svolgersi del dramma badava agli occhi di Adam Rayner, il fratello aspirante golpista, che grazie a quel blu cobalto può fare, beato lui, ciò che vuole. Anche se l’espressione è sempre la stessa.