Rio de Janeiro ha compiuto 450 anni lo scorso 1° di Marzo. Il prestigioso Festival biennale internazionale FotoRio la celebra adesso, con una serie di rassegne sulla città, tra le quali la mia. Un ampio lavoro scaturito da 10 anni di reportage nella città di cui presento una selezione di quattordici immagini. Si tratta di uno di quei festeggiamenti controversi, che in epoca di migrazioni sono utili per riaprire riflessioni e dibattiti mai sopiti. Ovvero, non ci sono dubbi sul fatto che la città sia stata fondata il 1° marzo del 1565, peccato che Estacio de Sà, il fondatore, fosse un cavaliere portoghese, dunque un invasore, arrivato dopo gli ‘scopritori’ di un posto dove c’era già gente da migliaia di anni, se non decine di migliaia.
Resta il fatto che Rio continua a rimanere una delle città più belle del mondo, nella quale proprio la mescolanza di culture, provenienti da ovunque, ha creato il suo fantasmagorico stile di vita che non ha eguali sul pianeta. Vi convivono, oltre ai portoghesi, vaste comunità di discendenti di africani, italiani, libanesi, ebrei, marocchini, arabi, francesi, tedeschi, giapponesi, olandesi. Nonostante l’avanzare dello sviluppo (non sempre meraviglioso) e della tecnologia, sembra siano dure a morire (per fortuna) le tradizioni. Così ancora oggi è facile imbattersi in rituali arcaici, carnevali folli, ingenuità di ogni genere, raduni di musicisti che sembrano fermi a tempi passati, locali autenticamente retrò.
Rio de Janeiro oggi, nonostante sia in attesa dei Giochi Olimpici, è una metropoli afflitta da molti problemi legati soprattutto alle feroci differenze di classe e alla violenza, ma anche al traffico automobilistico, ai disservizi, alla corruzione, alla burocrazia. D’altra parte continua ad essere una città pittoresca, paradiso per artisti di ogni genere e fotografi dove, al di là dei grossi problemi da affrontare, un palcoscenico naturale da urlo fa da sfondo a show quotidiani di simpatia, solidarietà, allegria.
Mia allegria.
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Corcovado