Il costituzionalista commenta così a Ilfattoquotidiano.it la decisione della Corte costituzionale che sancisce l'illegittimità del blocco dei contratti dei dipendenti pubblici senza prevedere un risarcimento per il passato: "Una tesi adottata presumo anche in seguito a una valutazione del possibile costo per le casse pubbliche"
La decisione della Corte costituzionale che sancisce l’illegittimità del blocco dei contratti degli statali senza però prevedere un risarcimento per il passato è “corretta” perché parte dal presupposto che lo Stato, in tempi di crisi, può sì imporre sacrifici ai cittadini, ma solo se sono limitati nel tempo. Quando invece chiede di stringere la cinghia per anni, e senza comunicare fino a quando dovranno continuare le rinunce, entra in conflitto con i principi sanciti dalla Carta. E’ la valutazione del costituzionalista Valerio Onida.
“In attesa di leggere la sentenza, l’impostazione mi sembra corretta”, commenta a caldo il giurista parlando con Ilfattoquotidiano.it. “E’ stata adottata la tesi della incostituzionalità sopravvenuta, presumo anche in seguito a una valutazione del possibile costo per le casse pubbliche“. Che, secondo l’Avvocatura dello Stato, avrebbe potuto raggiungere i 35 miliardi di euro se la Consulta avesse ravvisato che il congelamento degli stipendi è stato incostituzionale fin dal 2010, quando il governo Berlusconi lo ha deciso per la prima volta. Una stima che la Corte ha dovuto tenere presente, visto che nel 2012 è stato inserito in Costituzione, all’articolo 81, anche il principio del pareggio di bilancio.
“Dichiarare l’illegittimità del blocco solo per il futuro è una soluzione adeguata, perché le misure che impediscono gli incrementi retributivi rischiano di ledere diritti costituzionali come quello previsto dall’articolo 36 (diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro) se sono protratte troppo a lungo nel tempo”, spiega Onida. “Se invece sono limitate nel tempo possono essere legittime in tempi di crisi e di bilanci pubblici a rischio. Il problema, insomma, è la durata indeterminata del blocco. Di conseguenza la Consulta ne ha appunto disposto la fine a partire dal momento della pubblicazione della sentenza”.
Ma come si spiega il diverso trattamento riservato ai pensionati, per i quali i giudici hanno stabilito che il mancato adeguamento degli assegni al costo della vita era illegittimo fin dal momento della prima applicazione nel 2012? “In quel caso è stato valutato irragionevole il modo in cui il congelamento era stato congegnato, applicandolo per due anni a tutte le pensioni sopra una certa soglia, non alta. Per questo la Corte ha deciso che era illegittimo tout court e fin dal momento dell’applicazione. Ma in base alla motivazione è possibile rimodulare il blocco per quegli stessi anni con una nuova disciplina non irragionevole”. Secondo Onida, dunque, non è stato attribuito un peso differente ai diritti di diverse categorie di cittadini: “Escluderei che quelli dei pensionati siano stati considerati diritti acquisiti intoccabili mentre per i lavoratori ci sia stata una valutazione diversa”.