Settantuno anni dopo quel 12 agosto 1944, i santannini si ritrovano davanti uno Schendel. Alto, biondo, occhi azzurri, proprio come lo zio Heinrich, uno degli ufficiali delle SS che nel paesino di Sant’Anna guidò la strage di 560 civili, in gran parte bambini, donne e anziani. E’ un attimo, per i superstiti, tornare a provare diffidenza rancore e odio per “il tedesco”. Ma Andreas Schendel non è suo zio. Ha incontrato i sopravvissuti per raccontare il passato della sua famiglia, chiedere scusa per una colpa che non è sua e liberarsi dai demoni che lo tormentano fin da quando è piccolo, quando nel bosco vicino casa – come raccontò a ilfattoquotidiano.it – vedeva cadaveri di donne e bambini che lo perseguitavano, come ha raccontato nella tormentata lettera spedita a Enrico Pieri, presidente dell’associazione Martiri, che un anno fa ilfatto.it ha pubblicato per primo e che ha dato vita all’iniziativa per farli incontrare (nella foto di Giovanna Selis la stretta di mano tra Pieri e Schendel).
Non è stato facile raggiungere Andreas, 43 anni, scrittore di libri per bambini, amante delle arti marziali e della musica jazz. Ma ha accettato l’invito. Al Festival Rumore di Pace, organizzato da Teatro Rumore con il contributo di Fondazione Banca del Monte nell’auditorium Caruso della Fondazione Pucciniano di Torre del Lago, a incontrarlo non c’era solo Enrico Pieri, sopravvissuto a tutta la sua famiglia. C’è Enio Mancini, il bimbo “salvato” da un soldato che decise di sparare in aria, c’è Mario Ulivi, che aveva 5 anni e ha ancora una scheggia di una bomba nel cranio, e c’è Siria Pardini, la sorella di Anna, che aveva solo 20 giorni quando fu colpita in braccio alla mamma, morta anche lei. Adele, l’altra sorella, aveva 4 anni quel giorno: dovette camminare sopra al cadavere della madre per uscire dall’edificio che bruciava. Fu Cesira, la sorella maggiore, allora 18enne, con un buco alla gamba causato da uno sparo, a salvare entrambe. Ci sono, soprattutto, le seconde generazioni di molti sopravvissuti. Non c’è, ma è come se ci fosse, anche Mario Marsili, figlio della Genny, la donna che affronta le SS con lo zoccolo in mano, ritratta nella celebre copertina della Domenica degli Italiani del dicembre 1945. Mario racconta che rimase nascosto e fermo dietro la porta della stalla, proprio come la mamma gli aveva ordinato di fare, subito prima di essere spezzata dalla mitragliatrice. Rimase immobile anche quando i lanciafiamme incendiarono tutto intorno a lui. Il fuoco gli consumò la schiena. A lungo ha avuto i polmoni in vista.
Schendel ascolta tutte le testimonianze, ognuna di esse è una pugnalata. Si è preparato andando in visita a Sant’Anna due giorni prima, accompagnato dalla fidanzata. Nella chiesa, alla destra dell’altare, sono appese le fotografie dei bambini uccisi quel 12 agosto. Schendel non regge e scoppia a piangere, senza calmarsi, ininterrottamente, per 15 minuti. “Forse serve più a lui che a noi. Ma io lo faccio per i giovani, perché sappiano che è da luoghi come Sant’Anna, come i campi di sterminio, che è nata l’Europa, che va difesa oggi più che mai” dice Pieri. All’incontro ci sono anche oltre cento giovani da tutta Europa, Germania compresa. “Relazionarmi con questa persona – conclude Pieri – non è stato e non è facile”.
Per ricordare tutto questo stasera, 24 giugno, alle 21,30 a Torre del Lago Puccini, all’auditorium Caruso di via delle Torbiere, va in scena 70 + 1 nella mano la memoria (teatro Rumore) composto e diretto da Davide Moretti, liberamente ispirato ai racconti dei sopravvissuti all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema. Sarà in scena anche giovedì 25 e venerdì 26 alla stessa ora.