Davanti alle foto dei bambini, Andreas Schendel, 43 anni, non ha resistito oltre. Il nipote del nazista si è trovato faccia a faccia con i volti, le treccine, i fiocchetti e i sorrisi dei piccoli che a Sant’Anna di Stazzema persero la vita per mano degli uomini della 16esima divisione Ss Reichsführer, comandata tra gli altri da suo zio, Heinrich, tra gli ufficiali condannati nel 2005 dal tribunale militare di La Spezia per l’eccidio costato la vita a 560 civili. E’ in piedi dentro la chiesa, Andreas, la stessa che 71 anni fa guardava i santannini recitare l’ultimo Padre Nostro in ginocchio, prima di essere falciati dalle mitragliatrici. E’ alto, è muscoloso, ma scoppia a piangere come un bambino, davanti a quei ritratti in bianco e nero appesi di fianco all’altare. E non si calma, per 15 minuti. Ad accompagnarlo come sempre in questo viaggio della memoria, la fidanzata, che lo abbraccia. Enrico Pieri assiste alla scena, si allontana, fino a uscire dalla chiesa. C’era anche lui quel 12 agosto a Sant’Anna. Aveva 10 anni e davanti ai suoi occhi, nascosto in un sottoscala, assistette all’uccisione di tutta la sua famiglia: nonni, sorelle, papà, zio, la mamma incinta.
Il superstite e il nipote del nazista. Quando si sono incontrati per la prima volta, lunedì, prima dell’incontro con gli altri superstiti (di cui raccontano le foto di Andrea Aquilante e Giovanna Selis), non c’è stata una parola. Davanti al cancellino della bella casa con giardino di Enrico, a Pietrasanta, Andreas era nervoso, molto nervoso. Il vecchio, fragile come un bambino, lo ha guardato negli occhi per un attimo e ha allungato una mano, alla quale Andreas si è aggrappato. Subito la seconda mano di Enrico ha suggellato quel patto di pace. Non c’era bisogno di dire niente. Con loro, Julia Amberger, la giornalista tedesca del quotidiano Taz che ha aiutato a realizzare l’incontro. Prego, accomodatevi, un bicchier d’acqua? Siete mai stati in Italia prima d’ora? Le domande di circostanza durano un attimo, perché immediatamente, come una maledizione, Enrico non vede più Andreas, ma il nazista del 12 agosto. “Perché sei venuto?” gli chiede con tono aggressivo. E’ difficile, impossibile per lui separare il passato dal presente, quando davanti si ha un uomo alto, robusto, biondo e con gli occhi blu che parla tedesco. Andreas è in difficoltà. Gli ricorda di essere stato invitato. E’ un attimo, Enrico ricaccia il passato in qualche angolo buio della sua mente e guarda al futuro: “Bisogna costruire gli Stati Uniti d’Europa, è importante che i giovani si impegnino a difendere l’Europa, ora più che mai” ripeterà come un mantra durante l’incontro.
E’ il momento di visitare Sant’Anna, insieme. Enrico sale su nel paesino arroccato sui monti tutti i giorni, per curare l’orto di famiglia. Monta sulla sua Ape. “Posso salire con te?” gli chiede Andreas. Non riceverà un rifiuto. Enrico gli mostra la casa in cui è nato, nella piazza della chiesa. Gli parla dell’organo della Pace, ricostruito grazie all’impegno di una famiglia tedesca. Ma è di fianco all’altare, davanti ai ritratti dei bambini (tra di loro anche la sorellina di Enrico), che avviene la rottura. Andreas piange, Enrico non può caricarsi anche del suo dolore ed esce. Solo dopo, lo porta su, in cima alla rupe, dove la torre dell’Ossario domina la Versilia e da cui si vede tutta la costa, fino al mare di Viareggio. Nuovamente, non c’è più bisogno di parole. Chiusi nel loro silenzio, i due camminano divisi l’uno dall’altro, leggono i nomi, osservano i volti sulla pietra.