Secondo i magistrati contabili occorre ridurre il perimetro dell'intervento pubblico e la pressione fiscale, il cui livello attuale è "difficilmente tollerabile". Ma serve anche una "rigorosa articolazione tariffaria che realizzi il precetto costituzionale della concorrenza alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva"
La macchina dello Stato deve diventare più efficiente, ma i cittadini dal canto loro devono contribuire di più “alla copertura dei costi di alcuni servizi”. Ad affermarlo è Enrica Laterza, presidente di Coordinamento delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, nella relazione sul Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2014. “Il perimetro” dell’intervento pubblico va ripensato, ha sottolineato il giudice, in linea con quello che i magistrati contabili vanno ripetendo da tempo alla luce dei più stringenti vincoli di bilancio. “La ridotta natalità, il contemporaneo innalzamento dell’età media della popolazione e l’erosione dei livelli dell’occupazione“, è la diagnosi, “creano una combinazione sfavorevole, peraltro più accentuata che nella maggior parte degli altri paesi occidentali, che non può essere affrontata con i mezzi tradizionali delle politiche di bilancio, mentre richiederebbe una revisione coraggiosa dei confini dell’intervento pubblico”.
Ma al tempo stesso resta il fatto che “un duraturo controllo della spesa pubblica può ormai difficilmente prescindere dalla questione del perimetro dell’intervento pubblico, con la necessità di riorganizzare alla radice le prestazioni e la modalità di fruizione dei servizi pubblici” e “da una maggiore partecipazione dei cittadini alla copertura dei costi, che richiederà in primo luogo una contestuale, rigorosa, articolazione tariffaria che realizzi il precetto costituzionale della concorrenza alle spese pubbliche in ragione della diversa capacità contributiva“. E’ quindi necessaria una riorganizzazione dei servizi di welfare sulla base di una “riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all’azione di governo”. Questo anche perché, rileva la Corte, la spesa per le pensioni è molto alta e in crescita e presenta “forte rigidità”. Non potendola comprimere, occorre tagliare altrove. Ma questo comporta “oggettive difficoltà” nel realizzare “i programmi di spending review“.
Far pagare di più i cittadini, comunque, è solo un pezzo della soluzione individuata dai magistrati contabili. Indispensabile anche un “recupero di efficienza” e l’effettiva attuazione dei tagli ai costi della politica per far fronte a “duplicazioni, appesantimenti di strutture burocratiche serventi a quelle rappresentative o privilegi ingiustificati”. Interventi propedeutici alla riduzione della pressione fiscale, il cui livello attuale, come i magistrati hanno rilevato anche nel Rapporto 2015 di finanza pubblica, è “difficilmente tollerabile“. Secondo i dati della Corte la pressione fiscale è stata nel 2014 pari al 43,5% del Pil, 1,7 punti in più rispetto alla media dell’area euro. “In una fase di emergenza economico-finanziaria, la politica fiscale è stata piegata ad obiettivi immediati di gettito, al fine di garantire gli equilibri di finanza pubblica. L’affannata ricerca di risultati si è tradotta, tra il 2008 e il 2014, nell’adozione di oltre 700 misure di intervento in materia fiscale, di aggravio o di sgravio del prelievo. Ne è risultata sacrificata l’esigenza di una ragionata revisione strutturale del sistema fiscale, che consenta di pervenire ad una minore onerosità e ad una maggiore equità distributiva”.