Otto i casi per i quali don Mercedes - questo il suo soprannome - rischia il rinvio a giudizio. Altri dodici caduti in prescrizione. Tra le vittime un ragazzo che all'epoca aveva dodici anni
Rischia 12 anni di carcere don Mercedes – al secolo Mauro Inzoli, carismatico prete cremasco, già confessore di Roberto Formigoni, la passione per il lusso da cui deriva l’appellativo. I capi di accusa alla base delle indagini della procura di Cremona sono pesantissimi: violenza sessuale con abuso di autorità e violenza sessuale aggravata per abuso di minore di 12 anni. Queste le contestazioni del procuratore Roberto di Martino nell’atto di chiusura delle indagini.
L’inchiesta è arrivata in porto nonostante il Vaticano abbia sempre negato la rogatoria che la procura aveva chiesto per poter conoscere atti inerenti i casi di abusi sui minori. Il sacerdote di Comunione Liberazione, in passato presidente del Banco Alimentare, era stata invitato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a condurre una “vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza”. In ottobre la procura cremonese si era rivolta, attraverso il ministero della Giustizia, alla Santa Sede con la richiesta di rogatoria. A fine febbraio il diniego: gli atti istruttori non possono essere rivelati (sub secreto pontificio). E il procedimento restò secretato.
Otto i casi, tra il 2004 e il 2008, per cui è possibile procedere penalmente nei confronti di don Inzoli; dodici quelli che hanno subito la mannaia della prescrizione. Cinque sarebbero le persone offese, tra cui un ragazzino che allora aveva 12 anni. Le altre vittime (14, 15 e 16) sarebbero state abusate in più occasioni: in oratorio, nello studio del prete e nelle località di vacanza dove i gruppi si recavano. Ragazzi che frequentavano il sacerdote per i perfezionamenti spirituali. Per l’accusa ci sarebbero stati da parte del prete baci, carezze, abbracci, toccamenti nelle parti intime e masturbazioni. Tutte le presunte vittime avrebbero raccontato di una loro fortissima sottomissione psicologica davanti a don Mauro, il quale – questo ha raccontato un ragazzino – per i genitori era un “idolo meritevole di venerazione”.
L’inchiesta nasce da un esposto presentato da Franco Bordo, parlamentare cremasco di Sinistra Ecologia Libertà, e da una denuncia del presidente di un istituto religioso. Bordo, oggi tramite una nota, ha nuovamente stigmatizzato la “ritrosia dello Stato Vaticano che, se è pur vero che attraverso monsignor Cantoni (vescovo di Crema, ndr) ha interdetto Inzoli dalla nostra diocesi per abusi sessuali su minori, non ha trasmesso alla procura italiana gli incartamenti di quelle indagini. Ora inizierà la fase che stabilirà la verità processuale su quanto può essere accaduto: rileviamo tuttavia l’enorme gravità dei fatti contestati”.
Lo scandalo è infine deflagrato a fine 2012, quando il sito della curia cremasca ha pubblicato la decisione del Vaticano di ridurre don Mauro allo stato laicale. Successivamente la Congregazione della Dottrina della Fede ha trasmesso al vescovo di Crema il decreto che infliggeva a don Inzoli una “pena medicinale perpetua”. Leggasi: responsabile, ma con la possibilità di mantenere lo status di sacerdote. Da qui l’invito, come detto, ad una vita “riservata”. A gennaio la nuova polemicha per la partecipazione di don Inzoli a un convegno sulla famiglia organizzato da Regione Lombardia.
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