Esiste anche un’altra Expo fuori dal chiasso del baraccone di Rho. Prendiamo un Paese per il quale nutro molta simpatia: il Perù. Ha scelto di rappresentarsi al Mudec (Museo delle Culture), di fresca inaugurazione, nato da un’operazione di recupero di archeologia industriale dell’ex fabbrica Ansaldo in via Tortona. E lo fa con una mostra “Peruvian Food Culture” che racconta per immagini il mondo delle materie prime, catturando quelle che gli antichi greci definivano “l’essenza delle cose”.
È considerata la Miuccia Prada del Perù, Meche Correa, griffe di alta couture, al polso una fascia in argentone e al collo una scultura realizzata dai loro artigiani orafi. “Per motivi politici il mio Paese non ha partecipato a Expo. È davvero un peccato per un paese ambasciatore di una tradizione pre-colombiana millenaria”.
Due cuochi in cucina fanno un disastro – dice l’aneddotica – ma lo chef Daniel Canzian del ristorante Daniel, esplorando le bio diversità invita a turno chef stellati pionieri della cucina Nikkei, d’ispirazione giapponese e peruviana, per cucinare piatti d’autore dai sapori esotici. Vederli all’opera, sembra di essere sul set di Masterchef, ceviche, risotti e fondant al cacao puro della foresta amazzonica. Il tutto innaffiato da Pisco Sour, il distillato simbolo del Perù.
Tutto cominciò con un zaino, evoluzione trendaiola della più noiosa ventiquattrore. Oggi la Piquadro, azienda bolognese nata nel 1998, è quotata in Borsa con fatturato annuo di 68 milioni di euro. E proprio a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa di Milano, davanti all’iconografico dito medio di Cattelan, fa sfilare la nuova collezione da globetrotter, Electrochip Revolution, indossata da artisti-acrobati che volteggiano nell’aria fra luci psichedeliche. È lo zaino “intelligente” di design iper tecnologico, con una stampa stilizzata da circuito ad alta frequenza e un microchip inserito che consente di localizzarlo in caso di furto.
Dal femminiello di Gucci (strepitosa la battuta della Littizzetto: “Siccome ha avuto poco tempo ha preso gli scarti di magazzino di Gucci donna e li ha messi agli uomini. Quelle camicie col fiocco sembrano quelle che metteva mia nonna”), agli accenni di macramé di Ermanno Scervino. Ermanno, in tema Expo, fa sfilare una collezione che lui chiama per l’appunto “exponenziale”, in fibre naturali juta, canapa e cotone-carta. Poi scappa a Firenze dove sostiene con la first Lady Agnese Renzi, che veste da capo e piedi con organze e ricami (e, diciamocelo, si vede eccome) il reparto oncologico dell’Ospedale pediatrico Meyer. “La moda è sogno e la voglio portare lì dove di sogni ce ne sono pochi”, dice Scervino.
La moda è anche esaltazione dell’ego: un chilometro di allestimento per un monster truck, uno sfasciacarrozze, che salta su macchine cromate d’oro e d’argento. Assomiglia più a un concerto punk che a una sfilata di moda dove i modelli sfilano a cavalcioni di roboanti moto dentro una gabbia di ferro. Sono i guerrieri metropolitani dello stilista tedesco Philipp Plein, nuovo profeta della contro-cultura urbana che, davanti alla parola crisi dei consumi, non fa un plissè e snocciola dati: 15 negozi aperti dall’inizio dell’anno e altrettanti ne aprirà entro la fine del 2015.
Potere della moda che gioca con i contrasti delle location: esposizione di come artigianalmente si fanno le cravatte fra coppetielli di alici fritte e banconi del pesce fresco della Pescheria Spadari. Mentre tra i macarons de la Dureè kilt, papillion, kilt e bermuda da surf indossati da modelli veraci di Bagheria. Kinloch ha nel dna del brand il transfert di disegni antichi su tessuti contemporanei.
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