Il gioco delle parti tra Atene e Bruxelles si fa sempre più serrato, man mano che si avvicina l'ora di scoprire le carte e il fantasma del default ellenico si affaccia sulla soglia della zona euro. La partita al momento è uno scontro su chi ha rotto il tavolo. Proprio mentre si riaprono gli spiragli di una nuova trattativa. Domani la parola alla Bce anche solo per scongiurare un temuto crollo delle Borse
“La decisione di abbandonare i negoziati non è stata nostra, ma della parte ellenica”. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ci tiene molto a far passare il concetto, tanto da ribadirlo più volte al termine dell’ennesima e sempre più drammatica giornata campale sul caso greco. E tanto da utilizzarlo come risposta ai giornalisti che gli hanno chiesto conto della mancata concessione ad Atene di una settimana in più per sottoscrivere le proposte dei creditori soltanto con il placet di un referendum.
Venerdì notte, è il resoconto di Dijsselbloem, “la porta era ancora aperta e noi eravamo ancora pronti a valutare le proposte greche e a continuare i negoziati e di fatto lo stavamo facendo, finché i rappresentanti ellenici sono stati chiamati fuori e hanno abbandonato la riunione. Questo è accaduto ieri notte e di fatto ha portato alla fine dei negoziati“. Quindi il dietro le quinte: “Molto presto il motivo dell’accaduto è stato chiaro. Il governo greco ha deciso di rispondere negativamente alle proposte delle istituzioni (la ex Troika, ndr) e ha stabilito di sottoporre al suo Parlamento, che ne sta dibattendo ora, l’ipotesi di un referendum con un parere negativo sulle proposte delle istituzioni”. Tuttavia, è ancora la versione del numero uno dell’Eurogruppo, “la trattativa non era ancora conclusa e le proposte non erano definitive“.
Molto diversa la visione del ministro delle Finanze elleniche, Yanis Varoufakis, secondo il quale “il rifiuto dell’Eurogruppo di sostenere la nostra richiesta di estensione del programma per pochi giorni, per permettere ai greci di esprimere il proprio verdetto sulla proposta delle istituzioni”, specialmente considerando che probabilmente si sarebbero espressi “a favore”, “certamente danneggia la credibilità dell’Eurogruppo come unione democratica di Paesi membri e ho paura che questo danno sarà permanente”. Varoufakis ha inoltre avvertito che il popolo greco “è l’arbitro finale” sull’ultima proposta dei creditori e che “il governo non ha il mandato per rifiutarla”. E infine: “Sarebbe un grande contributo all’Europa se si mettesse fine alle recriminazioni e a puntare il dito gli uni contro gli altri”, ha aggiunto non senza parlare di “un giorno triste per l’Europa, ma lo supereremo”. Dal canto suo il premier greco Alex Tsipras ha tenuto a dire al cancelliere tedesco Angela Merkel e al presidente francese Francois Hollande che qualsiasi decisione l’Eurogruppo prenderà, il popolo greco avrà ossigeno fino alla prossima settimana e sopravviverà per poi sottolineare che “la democrazia è un valore basilare in Grecia e il referendum si terrà qualsiasi cosa l’Eurogruppo decida”.
E se il tanto sventolato fantasma del default greco sembra concretizzarsi ogni ora che passa man mano che si avvicina la scadenza del 30 giugno, tuttavia la trattativa non sembra definitivamente chiusa qui e i margini per un compromesso dell’ultimo minuto non si sono ancora consumati. Dijsselbloem, che ha definito “informale” la seconda parte della riunione di sabato, quella senza i rappresentanti greci, ha infatti precisato che “la porta resta aperta a ulteriori trattative” con la Grecia e “l’Eurogruppo – che è formato da 19 membri, vorrei sottolinearlo – monitorerà da vicino la situazione in Grecia e sarà pronto a riunirsi per decidere le mosse più adeguate quando e dove necessario, nell’interesse sia della Grecia che dell’Eurozona. Inoltre le istituzioni europee sono pronte a fornire assistenza tecnica al sistema bancario greco. Siamo pronti a sostenere la Grecia se e quando ci sarà richiesto, dopo che l’attuale programma sarà scaduto”. Anche se Atene deve sapere che “l’area euro è in una forma decisamente migliore” rispetto a tre anni fa, “soprattutto i Paesi membri sotto programma, che hanno fatto impressionanti riforme strutturali e ora sono molto più stabili. Inoltre abbiamo molti più strumenti rispetto al passato e le istituzioni saranno pronte a prendere ogni misura, se necessario”. Come dire insomma che il fallimento della Grecia non è più un tabù e bluffare in tal senso non ha una gran forza.
Ma bisognerà aspettare almeno fino al 30 giugno per vedere le vere carte di entrambe le parti e capire dove sta il bluff migliore. Un assaggio arriverà lunedì con l’apertura delle Borse. Non a caso per domenica è stata già fissata una riunione in teleconferenza del board della Bce. All’Eurotower spetta la vigilanza sulle quattro banche principali, quelle che hanno rilevanza sistemica: Alpha Bank, Eurobank, Banca Nazionale di Grecia e Banca del Pireo. Tra le misure possibili, anche la chiusura degli sportelli, dopo la corsa ai bancomat di queste ore, con oltre 700 milioni prelevati sabato.