“E’ il momento di far ripartire l’edilizia…Sono opere utili per scuole, sicurezza, strade e dissesto”, ha detto il Presidente dall’Ance Paolo Buzzetti. Continuando a sostenere l’idea che l’edilizia debba essere “uno”, anzi, “il” motore del Paese. Tralasciando, colpevolmente, di inserire tra le categorie di opere ricordate, quella degli “edifici culturali”. Che pur interessando una somma pari al 3% di quella complessiva comporterebbe benefici di grande rilievo proprio su quel che da sempre le rappresentanze politiche e imprenditoriali affermano di avere a cuore. Il tessuto fisico e antropico del Paese. Quello costituito dalle città ma anche dai piccoli centri. Perché la fruizione di siti archeologici e storici, la loro valorizzazione attraverso opere di manutenzione e di adeguamento agli standard richiesti non è questione che riguarda soltanto il turismo. Insomma l’offerta culturale. Ma l’agibilità di scavi e palazzi, Chiese e Rocche, Musei, il restauro di fontane e circuiti murari, è anche indice del grado di civiltà assicurato dalle diverse amministrazioni. Quegli spazi mostrati con orgoglio e non abbandonati con disinteresse sono spazi di condivisione. Servizi quasi primari. Incubatori di idee.
E’ evidente che sia importante che anche questi interventi debbano essere realizzati. Al più presto. Prima che le condizioni strutturali di molti di questi edifici si facciano ancora più precarie. Prima che tanti di questi immobili, diversi di questi siti, divengano scheletri senza differenze. Ma sarebbe importante che a quegli interventi fosse data una propria, autonoma, rilevanza. Sarebbe bene che essi fossero parti di un progetto per il Paese. Nel quale la valorizzazione dell’esistente sia un principio inderogabile.
Si attendono notizie per i 233 progetti al palo. Forse un decreto. Con la speranza che non si tratti solo di cantieri edilizi. Che non sia l’associazione dei costruttori a dettare le politiche del Paese.