Antonis Samaras, Fofi Gennimata e Stavros Theodorakis, hanno avuto in questi giorni diversi incontri con le istituzioni europee. A guidare il nuovo esecutivo potrebbe essere il leader di To Potami, che si è mosso bene con Jean Claude Juncker e il commissario europeo Pierre Moscovici. Intanto un sondaggio rileva che la maggior parte della popolazione accetterebbe ulteriore austerity in cambio di nuovi prestiti dai creditori
Mentre i greci si preparano a una settimana con le banche chiuse e al referendum di domenica prossima, le opposizioni al governo di Alexis Tsipras si ricompattano. E preparano un governissimo pro troika e anti dracma, se le cose al centro dell’Egeo dovessero precipitare. I tre leader Antonis Samaras (Nea Dimokratia), Fofi Gennimata (Pasok) e Stavros Theodorakis (Potami) hanno avuto in questi giorni diversi incontri con le istituzioni europee. E puntano a mettere in piedi un esecutivo che sarebbe guidato dal volto nuovo della politica ellenica, Theodorakis. Il noto giornalista televisivo da appena un anno ha fondato il movimento centrista Potami (Il Fiume) classificandosi al terzo posto con il 7% alle ultime elezioni di gennaio 2015. E si sarebbe mosso bene, con pezzi da novanta come Jean Claude Juncker e il commissario europeo Pierre Moscovici, quest’ultimo in viaggio di nozze proprio in Grecia si dice su consiglio di Theodorakis. Non è un caso se Samaras, nelle ore più bollenti, ha auspicato che Tsipras ritiri il referendum e provi a formare un governo di unità nazionale.
Contro il referendum si è espressa domenica anche la Federazione dei Commercianti ellenici, riunita nell’assise annuale a Larissa, secondo cui la scelta di Tsipras è stata una “decisione sbagliata, al momento sbagliato e con conseguenze imprevedibili”. I negozianti sostengono che dopo cinque mesi di negoziati questa “è una scelta inutile e il governo ha scelto di lanciare la palla sul campo del popolo greco, mentre nel Paese nessuno paga nessuno, con tutto ciò che questo implica alla fine del mese”.
Del resto un sondaggio della società demoscopica Alco, fatto qualche giorno prima dell’annuncio della consultazione, ha rilevato che il 57% della popolazione preferirebbe ulteriori restrizioni pur di avere altri prestiti dai creditori internazionali, mentre solo il 29% è sulle posizioni anti austerità di Alexis Tsipras. Il dato più interessante è relativo agli indecisi che sarebbero il 14%. Ovvero il Paese è spaccato praticamente a metà. Con una parte, quella più “syrizea” composta da giovani e liberi professionisti, a cui Tsipras si è rivolto per evitare che una rottura totale possa gravare sulle sue sole spalle. E l’altra, formata da anziani, pensionati e dipendenti pubblici, che sceglie l’euro, comunque vada.
Intanto in Grecia è il caos. Caos sociale, con i distributori di benzina presi d’assalto al pari dei supermarket, dove i prodotti più ricercati (e quelli terminati per primi) sono gli spaghetti italiani, e con 500 bancomat in tutta la Grecia andati in tilt, mentre la polizia ha fatto capolino nei pressi dei più frequentati come quello nel mega centro commerciale The Mall. E sul fronte politico, anche dentro Syriza non tutti la pensano come il leader. “Se vincesse il sì alle misure, questo governo dovrebbe dimettersi e il Paese andare ad elezioni”, ha detto l’eurodeputato Costas Chrysogonos. Ha ammesso di aver preso parte al gruppo negoziale, ma nonostante abbia in queste settimane inviato suggerimenti e spunti al primo ministro, pare non abbia mai ricevuto risposta.
A difendere l’esecutivo ci pensa il ministro degli Esteri Nikos Kotzias, che in un tweet fa aleggiare lo spettro del diritto di veto. “Coloro che fanno trucchi contro la Grecia presso l’Eurogruppo – cinguetta – non dimentichino che abbiamo ancora un diritto di veto”. Con probabile riferimento alle prossime decisioni europee su Ucraina, Russia, e trattato commerciale transatlantico.
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