Chi ha governato la Grecia negli ultimi dieci anni ha certamente grosse responsabilità nel tracollo finanziario, ma dato che la Grecia è una democrazia, una parte non trascurabile di responsabilità ricade anche sul popolo, sia perché ha scelto male i propri governanti, ma anche perché sono stati troppo ingenui se hanno pensato davvero che fosse possibile continuare a lungo con una economia sommersa che già prima della crisi evadeva il pagamento delle tasse per una quota pari a circa il 27% del Pil.
Chi si illude di essere nel paese di “Bengodi” scopre presto che le furberie, il lasciar fare e l’ignavia sono come le bugie: “Hanno il naso lungo e le gambe corte”, presto o tardi un conto da pagare arriva.
I docenti dell’Università Bocconi già molti anni fa insegnavano la necessità di fare molta attenzione agli amministratori troppo zelanti, perché dando loro troppa libertà e confidenza si amplia il rischio che quelli, insieme alla libertà, si prendano tutta l’azienda. La stessa cosa dovrebbero fare i cittadini con i loro politici, amministratori della cosa pubblica.
L’accusa che molti fanno al popolo greco è però proprio quella di aver vissuto per troppi anni sopra le sue reali possibilità, che vuole essere pagato bene ma vuole lavorare poco, che va in pensione a 57 anni, ecc. Sono i soliti luoghi comuni che accompagnano le motivazioni di rifiuto a trovare accordi di solidarietà con chi cade in disgrazia.
Intanto non è più così già da qualche anno. Le politiche di austerità imposte a tutta Europa hanno prodotto anche in Grecia una infinità di tagli nel welfare ed un livello di disoccupazione da incubo.
Eppure fino a prima della “Grande recessione”, partita nel 2007 dall’America, l’economia greca andava a gonfie vele, con una robusta crescita del Pil che nel 2003 ha toccato persino il 6%, poi con l’inizio della crisi, sulla Grecia è scesa la notte.
L’economia greca è basata soprattutto sul turismo, e con la crisi, che ha portato il dollaro a svalutarsi fino ad oltre il 40% sull’euro (tenendo perciò lontani molti turisti provenienti da tutta l’area dollaro) sono cominciati grossi problemi per i governanti greci, che hanno pensato di risolvere il problema indebitandosi sempre di più. Tra l’altro sembra che, proprio a questo scopo, il governo greco abbia fatto ricorso anche alle consulenze di alcune grandi banche d’affari americane (tra cui, immancabile, la Goldman Sachs), pagando ovviamente diversi milioni in consulenze.
Questo però è un punto sul quale non è possibile (come fanno di solito tutti i commentatori) sorvolare, perché è vero che i politici greci pur di non perdere i favori dell’elettorato hanno impegnato la Grecia con prestiti sempre più massicci dalle grandi banche, ma è anche vero che se la Grecia non fosse stata nell’euro, svalutando progressivamente la dracma avrebbe potuto molto più agevolmente proseguire nella propria attività turistica a pieno regime senza bisogno di indebitarsi fino al collo per pagare le pensioni e tutto il resto.
Quando poi (a fine 2009), con l’aumentare dell indebitamento e le difficoltà a rinnovarlo sono arrivati i giudizi negativi delle società di rating, sulla Grecia si sono abbattute anche le richieste di tassi sempre più alti da pagare ai sottoscrittori delle sue obbligazioni.
Sono venuti così in sostituzione (non totale) dei prestiti delle grandi banche i prestiti della cosiddetta Troika (cioè Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea), ma sono cominciate le richieste di sempre maggiori politiche di austerità per consentire la riduzione del debito.
Quello dell’austerità per ridurre i debiti è stato un “pallino fisso” dell’Europa fin dall’inizio della crisi, e in Grecia ha prodotto risultati anche peggiori che altrove.
La teoria che facendo vedere ai mercati la buona volontà di ridurre i debiti sarebbe bastato a ridare fiducia agli investitori e’ stata in tutta Europa un disastro, ma l’effetto nella già prostrata Grecia è stato addirittura devastante: il debito invece che diminuire aumentava sia per effetto dei tassi sempre più alti necessari a rinegoziare i debiti sia per le minori entrate fiscali causate dalla crisi.
In conclusione di questa breve carrellata sui soggetti responsabili della crisi greca vediamo quindi che la responsabilità maggiore è da imputare al legame rigido dell’economia greca all’Euro. Se la Grecia, proprio per le particolari caratteristiche della sua economia a vocazione turistica, avesse avuto ancora la sua moneta, non sarebbe mai arrivata a questo disastro.
I politici greci che hanno spinto la Grecia in questo abisso non si sono suicidati, come invece hanno scelto di fare centinaia di cittadini greci distrutti finanziariamente e moralmente dalla crisi. Le grandi banche che hanno avviato la Grecia ad un indebitamento insostenibile si sono ritirate per tempo, lasciando il “cerino acceso” del debito greco in mano alla “Troika”. La Troika, se la Grecia fallisce, scaricherà i buchi lasciati dal debito greco sulla fiscalità generale che ricade sulle banche e sui cittadini europei.
La Grecia, se non le verranno rinnovati i prestiti, uscirà dall’Euro e attraverserà un periodo di crisi durissima. Il debito non verrà cancellato ma rinegoziato nella nuova moneta.
Il popolo greco, anche cancellando tutto o in parte quel debito, sta già pagando più di tutti, pur essendo, insieme ai cittadini del resto d’Europa, quello con minori responsabilità in merito alla crisi.