Ho visto prime firme del Sole 24 Ore sfogliarlo compulsivamente di prima mattina. Ho visto l’espressione rosicona di chi si è visto intruppare in uno di quegli incontri dei potenti che decidono sopra le nostre teste. Ho visto vanitosi parvenu del giornalismo voracemente alla ricerca del proprio articolo. Ho visto donne leggere interessate del piacere femminile, e uomini interessati a leggere del piacere femminile. Se non ci fosse, Dagospia bisognerebbe inventarlo! Ma siccome c’è, è interessante raccontarlo per quello che rappresenta. Non da sapienti critici, magari anche un po’ tromboni delle tendenze mass mediatiche, ma per quello che riesce a riunire sotto quella stessa testata un tempo considerata kitsch (alla tedesca), oggi molto chic.
Ma su Dagospia leggi anche articoli che su altre testate trovi ripresi e rimpastati magari dopo settimane, da chi si è perso la notizia ma è troppo orgoglioso per ammetterlo e citare anche solo con un riferimento chi per prima ne ha parlato. Questo fine settimana ho trovato molto bella la storia di Emilietta che vive al terminal di Malpensa raccontata su Il Giornale. Quando è nata “Tendenza cafonal” ci sembrava che quel mondo fosse stato inventato per stupire; oggi i “cafonal” se proprio non sono dentro di noi sono nostri gemelli anche non diversi. Le immagini dei festini romani commentati hanno fatto moda e ora vengono scopiazzati. Pure le improbabili mani cariche di anelli di Roberto D’Agostino ora sono trendy, senza parlare dei suoi tatuaggi. La rassegna stampa di Dagospia può davvero permettersi di essere obiettiva mescolando sacro e profano, senza pregiudizio ma con l’unico giudizio della lettura.