L’Italia è esposta nei confronti della Grecia, tra prestiti diretti e partecipazione ai meccanismi di salvaguardia europei, per 35,9 miliardi. Tutti già a bilancio. Quindi se la partita dell’Eurozona con la Grecia dovesse concludersi in modo negativo, scenario che ancora si spera di sventare in extremis, non ci sarebbero effetti sul debito italiano. A rassicurare sulla tenuta dei conti del Belpaese anche di fronte a un default di Atene è il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che in una intervista al Corriere della Sera prima, e su Twitter e sul sito del ministero poi, cerca di spazzare via i timori che serpeggiano da più parti e che anche sulla stampa cominciano a essere ventilati. “Circolano dati sbagliati”, sostiene il titolare di Via XX Settembre facendo riferimento alle stime che tengono conto anche della partecipazione dell’Italia al fondo europeo salva Stati che potrebbe intervenire nel terzo salvataggio di Atene e alla quota della Penisola nel capitale della Bce, che sta fornendo liquidità di emergenza alle banche greche. Poi il ministro ha in parte corretto quanto detto in mattinata, quando al quotidiano di via Solferino aveva detto che l’esposizione del nostro Paese è di “10,2 miliardi di prestiti bilaterali e 27,2 miliardi di contributi al fondo salva-Stati“. In tutto quindi 37,2 miliardi. Il succo comunque è che un’insolvenza della Grecia non aprirebbe voragini per la finanza pubblica.
Più politica la presa di posizione del presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha rotto il silenzio sullo scontro Europa-Grecia: “Il punto è: il referendum greco non sarà un derby Commissione Europea vs Tsipras, ma euro contro dracma. Questa è la scelta”, scrive su Twitter Renzi, in inglese.
Non desta particolare preoccupazione il rischio di nuova speculazione concentrata sul nostro Paese. Un cauto monitoraggio viene fatto in stretto rapporto da Tesoro e Banca d’Italia, ma non ci sono timori. Oggi, a differenza del 2011 (e che non siamo più “nell’occhio del ciclone” lo osserva anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli) “abbiamo armi” contro la speculazione. Non solo istituzioni più forti e una economia più solida grazie alle riforme, ma anche quel “bazooka” che Mario Draghi ha fatto scattare a marzo, il Qe, i cui effetti si sono visti bene nel primo giorno di mercati aperti dopo lo stop alle trattative. L’impennata dello spread, volato a 197 punti in avvio, è poi stata contenuta, con il differenziale con i bund tedeschi che ha chiuso a 159 punti base.
Certo uno spread in crescita non è auspicabile ma il governo nelle sue previsioni era stato prudente, ha ribadito il ministro dell’Economia, già mettendo in conto che i tassi di interesse non sarebbero potuti rimanere molto bassi in eterno. “Non mi stupirei ma nemmeno mi preoccuperei più di tanto se sui mercati ci fosse un aumento della volatilità. La Bce – aveva pronosticato Padoan – ha tutti gli strumenti a disposizione per fronteggiarla”. E in ogni caso, se ci fosse una evoluzione negativa della crisi greca “anche negli scenari peggiori è dubbio che vi sarebbero effetti diretti” sottolinea il Tesoro, precisando che le conseguenze si avrebbero “su altri soggetti finanziari quali l’Italia partecipa” ma “la quantificazione dell’impatto diretto sull’Italia di una tale evoluzione non è praticabile con le informazioni attualmente disponibili”.