La scelta del governo greco di far pronunciare il popolo su un accordo economico internazionale da cui dipende la vita del popolo stesso può sembrare una cosa giusta e bella, in realtà è profondamente sbagliata e codarda.
Perché il popolo paga le tasse e va a votare per eleggere le sue istituzioni, a cui demanda – attraverso il meccanismo universalmente accettato della democrazia rappresentativa – scelte difficili e complesse proprio perché la gente comune non può (e non deve) intendersi di tutto, incluse le scelte di politica finanziaria, economica e internazionale.
Sarebbe bello pensare che il popolo greco potesse dare uno schiaffo morale al suo misero, inetto governo, votando per fare i sacrifici necessari a rimanere nell’Euro, ma trovo alquanto improbabile che questo accada. Sulla scheda referendaria, infatti, non saranno elencate alcune delle molto probabili conseguenze di un no o di un sì all’accordo con l’Europa, e quindi non si porrà il popolo nella condizione di fare una scelta consapevole.
Pochi esempi: sulla scheda referendaria sarà spiegato ai greci che se escono dall’Euro dovranno gioco forza diventare una colonia politico-culturale russa e/o cinese, per non morire di fame? No. Sulla scheda referendaria sarà spiegato ai greci che uscendo dall’Euro, nel primo secondo del primo giorno di Nuova Dracma, il valore sarà 1 nuova dracma = 1 euro, e già al termine del primo minuto sarà 10 nuove dracma = 1 euro? No. Sulla scheda referendaria sarà spiegato ai greci che con una nuova divisa e una fortissima svalutazione, l’improvvisa povertà delle classi medie e piccolo-medie potrebbe perfino causare una guerra civile? No. Nulla di tutto ciò sarà scritto sulla scheda referendaria. Quindi la scelta sarà fatta da gente non adeguatamente informata, con gli occhi bendati in una stanza buia.
Se il 5 luglio il referendum si terrà (perché l’appuntamento è ancora evitabile, da diversi punti di vista) e se il demos greco deciderà di uscire dall’Euro, sarebbe teoricamente giusto che dinanzi al collasso economico e finanziario del Paese, quello stesso popolo pretendesse poi le dimissioni immediate del governo e nuove elezioni per cacciare via dei politicanti giocatori d’azzardo da strapazzo, che mettono a rischio, letteralmente, la vita di milioni di greci e la loro stessa, scegliendo di non scegliere e anzi di scaricare il barile sulla gente comune.
Il governo greco aveva fatto bene il suo mestiere fin tanto che era riuscito a contrattare con la Ue per ottenere un compromesso più favorevole di quello inizialmente offerto. La scelta di demandare all’ultimo minuto tutto a un referendum popolare pone il governo greco in una posizione di personale non credibilità nei confronti delle istituzioni europee, perfino a prescindere dall’esito del referendum. Fino al 27 giugno, la scelta era tra non morire di fame, o morire di fame in modo apparentemente molto democratico. La strada intrapresa dal governo di Atene è talmente grave che potrebbe doverne rispondere al suo stesso popolo, nel giro di poche settimane, anche da un punto di vista fisico.