L'11 giugno il governo ha approvato un decreto legislativo per sanare 35 carenze evidenziate dal commissario europeo Cañete. Ma ad oggi il testo di questo atto non è stato ancora pubblicato. Così ora si affaccia il rischio di una multa
Dal 26 febbraio 2015 l’Italia è in procedura d’infrazione per non aver recepito in modo completo la direttiva Ue sull’efficienza energetica. L’11 giugno scorso il governo ha dichiarato l’approvazione di un decreto legislativo in grado di sanare le 35 carenze evidenziate dal commissario all’energia, Miguel Arias Cañete, nella lettera di messa in mora ma ad oggi il testo di questo atto non è stato pubblicato in gazzetta ufficiale. Poiché la risposta istituzionale italiana era attesa entro 60 giorni dalla lettera d’avviso, si prospetta quindi l’avvio della seconda fase della procedura d’infrazione – quella contenziosa – cui potrebbe seguire una multa.
In questo caso a preoccupare di più gli italiani non dovrebbe essere l’ennesima ammonizione che consolida il nostro primato di paese europeo più indisciplinato e multato, bensì il ritardo nel cogliere un’occasione – quella dell’efficienza energetica – che da ultimo l’Energy Efficiency Report 2015 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano dichiara capace di “muovere investimenti per 55-76 miliardi di euro”. Un atteggiamento illogico in tempo di crisi, se si pensa che proprio gli investimenti lordi sul Pil, nel 2014, sono scesi di 4,5 punti (rapporto annuale Istat del 2015) – ben oltre la media europea – e senza investimenti non esiste alcuna crescita economica e conseguente assorbimento della disoccupazione.
La direttiva numero 27 del 2012 è stata recepita in ritardo e “male” – a quanto sostiene la Commissione Europea – con il decreto legislativo 102 del 2014. Nel decreto era infatti preservato – cioè “copiato” – l’impianto della direttiva, in particolare il macro obiettivo di ridurre del 20% i consumi di energia primaria entro il 2020, ma mancavano alcune definizioni cardine per la sua applicabilità, in alcuni casi al limite della barzelletta. Per esempio: il decreto cita l’obbligo per ogni “grande impresa” di eseguire “entro il 5 dicembre 2015” e “ogni 4 anni” una “diagnosi energetica”, senza specificare cosa sia. Nella lettera di messa in mora il commissario Ue sottolinea l’assenza di definizione riferendosi al concetto di “audit energetico”, la cui descrizione precisa è presente nel testo della direttiva Ue ma assente nel decreto italiano. Il governo ha probabilmente tradotto audit energetico con “diagnosi energetica” senza tuttavia copiarne anche la descrizione.
Ma non finisce qui perché nel testo il governo utilizza infatti più volte proprio la parola “audit” e individua nell’ “auditor” la figura preposta a tale attività, dandone la seguente descrizione: “persona fisica o giuridica che esegue diagnosi energetiche”. Quanto accaduto con “audit energetico” è ripetuto con altre figure chiave individuate nella direttiva Ue 27/2012, generando un’indeterminazione che scoraggia aziende ed enti pubblici dal “servirsi” della legge – per ridurre i propri consumi energetici e quindi costi economici – e conformarsi ai suoi richiami obbligatori.
Oltre a questi errori di copia-incolla la commissione Europea contesta anche scelte illegittime come aver omesso di recepire norme “sulla priorità di dispacciamento dell’energia da cogenerazione ad alto rendimento”, “sulle condizioni adeguate affinché gli operatori del mercato forniscano ai consumatori di energia informazioni adeguate e mirate nonché consulenza in materia di efficienza energetica” e persino quelle relative “alla necessita di agevolare l’istituzione di strumenti finanziari, o il ricorso a quelli esistenti, per misure di miglioramento dell’efficienza energetica volte a massimizzare i vantaggi di molteplici canali di finanziamento”.
In tempo di esami si direbbe: rimandati a settembre. Nel frattempo lo stallo governativo sul tema efficienza energetica si è determinato anche nella prima operatività legata al recepimento della direttiva Ue: quei 30 progetti di efficientamento energetico degli immobili della pubblica amministrazione vincitori del bando scaduto il 15 ottobre 2014. A causa dell’assenza di un decreto interministeriale previsto per il mese successivo i progetti sono fermi e si rischia persino l’invalidazione della proclamazione.