Sotto inchiesta anche l'ex direttore dello stabilimento Carlo De Marco. L'ipotesi di reato è di attività di gestione dei rifiuti non autorizzata. Squinzi: "Altro caso Ilva in cui sembra che non si voglia che le imprese operino in questo Paese"
Un’area dello stabilimento di Fincantieri di Monfalcone è finita sotto sequestro perché, secondo la Procura, è diventato nel tempo un “deposito di rifiuti incontrollato”. Ci sono 7 indagati, tra questi anche l’ex direttore della struttura, Carlo De Marco. L’ipotesi di reato è attività di gestione dei rifiuti non autorizzata. Il tribunale di Gorizia, su richiesta dei pm, ha disposto il sequestro preventivo – eseguito dal Noe dei carabinieri – delle aree destinate alla selezione dei residui di lavorazione che, dice la Fincantieri con una nota, sono “strategiche per il regolare svolgimento del ciclo produttivo”. La società definisce la misura ”particolarmente gravosa” e si sta attivando per ottenere la sua revoca. Secondo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi quello che è successo a Monfalcone rappresenta “un altro caso Ilva, un altro caso in cui sembra che non si voglia che le imprese operino in questo paese, una cosa particolarmente grave”. Per il capo degli industriali c’è addirittura una “manina anti impresa”. Nel cantiere di Monfalcone lavorano circa 4.500 persone tra dipendenti della stessa Fincantieri e operai delle società in appalto. Da oggi, 30 giugno, lavorano soltanto gli addetti alla manutenzione degli impianti, cioè un centinaio di persone. Al cantiere sono in costruzione alcune navi, grazie anche alla ripresa degli ordinativi, tornati a livello pre-crisi del 2007.
L’inchiesta riguarda la gestione degli scarti di lavorazione delle navi, prodotti da parte delle ditte subappaltatrici di Fincantieri, che però non risultano titolari dell’autorizzazione a gestire i rifiuti. La contestazione riguarda in particolare il deposito temporaneo messo a disposizione da Fincantieri, dove i vari rifiuti vengono ammassati e quindi rimossi da parte di un’altra ditta subappaltatrice.
Tutto ciò rientra in un’indagine avviata nel maggio 2013 dalla procura di Gorizia. La richiesta di sequestro era stata respinta in un primo momento da gip e tribunale che non avevano ravvisato l’urgenza del provvedimento. Un ricorso della Procura in Cassazione, però, è stato accolto e il tribunale, di nuovo investito dell questione, ha disposto la misura cautelare. Oltre all’ex direttore dello stabilimento De Marco, sono indagati anche Nella Dosso, titolare della ditta Pulitecnica friulana di Udine, Valter Radin della Petrol Lavori di San Dorligo della Valle (Trieste), Romeo Ronco della Marinoni di Genova, Francois Marcel Gaston Avon della Carboline Italia, Corrado Annis della Sirn di Trieste e Fabio Bianchi della Savi di Genova.