Mentre esperti, politici, economisti, giornalisti disegnano ogni giorno tutti gli scenari possibili del dopo-referendum, in un’isola sperduta dell’Egeo, tra turisti stranieri disorientati e greci rassegnati, la discussione politica entra, lentamente, nel vivo. Con esiti imprevisti. E un inguaribile fatalismo.
29 giugno 2015
Bisogna fare presto, bisogna fare presto. In camera la Tv è accesa, c’è un dibattito in parlamento, non capisco nulla, ogni tanto riconosco parole che assomigliano a termini italiani molto ricercati o a patologie rare. I deputati alzano la voce, ripetono intere frasi per due o tre volte, si agitano, sudano, ma non c’è verso. Almeno avessi fatto il classico, magari il contesto lo capirei. Nulla.
Le immagini che scorrono nel riquadro in basso sono molto più eloquenti. Lunghe file davanti ai bancomat ad Atene. E se fosse così anche nell’isola? Meglio muoversi, adesso o mai più. E’ già buio, chissà. E se poi non ci bastano i soldi per la macchina? Per mangiare? E al supermercato si potrà pagare col bancomat?
Saliamo in macchina e via con i tornanti a picco sul mare. Poi arriviamo in “centro”, nel paesino più grande. Ci sono tre banche, le uniche in tutta l’isola. Un gruppo di turiste francesi sui cinquanta parlotta davanti alla Piraeus Bank.
«Non funziona. Non funziona niente qui. Accetta la carta, il PIN, tutto regolare. Ma dopo “transazione in corso” si blocca e non esce nulla. Che strano».
«Eh, saranno finiti i soldi», faccio io per rassicurarla.
«Finiti? Ma è possibile?».
«Ma come? Non ha sentito? Non sa nulla del referendum?».
«Quale referendum? Non ho visto niente».
Racconto in sintesi le ultime novità da Atene, le francesi rompono le righe e iniziano a sciamare tra i vicoli come api impazzite. Io giro a destra e salgo verso la Alpha Bank. C’è solo una signora bionda, abbronzatissima, che cerca di prelevare ma senza successo.
«Non funziona?».
«Uh! Che spavento. Scusi, non sapevo che ci fosse qualcuno dietro di me. No, non funziona, nemmeno l’altra banca. Ma cosa succede? Pare che la Grecia abbia problemi».
Pare? Ma questa da dove salta fuori? Ripeto la storiella del referendum e poi le dico di seguirmi. Cento metri più su c’è la Ethniki Bank, magari abbiamo più fortuna. Ha un prendisole giallo con fantasie vagamente orientali. E’ svedese, come la metà dei turisti dell’isola. L’altra metà sono francesi, per motivi che nessuno riesce a spiegare.
Alla Ethniki c’è una coppia di greci sui cinquanta. Provano a prelevare entrambi. Riesco a sbirciare la cifra al di là della linea della privacy. 700 euro a testa. Non funziona. Il bancomat rimane impassibile. Comincio a pensare che potrebbe non funzionare e a quel punto non ci sarebbero alternative in tutta l’isola.
La coppia si allontana sconsolata, scuotendo la testa. Tocca alla svedese che mi è passata davanti senza battere ciglio prima ancora che potessi dirle «prego, prima lei, si figuri». Preleva 200 euro in scioltezza e se ne va soddisfatta.
«Buona fortuna allora. Le auguro felici vacanze».
«Anche a lei. Buona serata».
Mi attacco al bancomat. Riesco a prelevare 300 euro. Il portafoglio ora è gonfio di contanti, li metterò in frigo come fanno i giapponesi, penso. Dopo di me un’altra coppia di greci.
«E’ l’unico bancomat dell’isola che funziona», mi dicono sconsolati. «Speriamo di avere fortuna».
Due ore più tardi passo di nuovo e non c’è più nessuno. Lo schermo del bancomat ha pronunciato da un pezzo la sua sentenza definitiva: “prelievo non disponibile”.