Lo scontro in atto tra la Grecia e la Troika (ovvero il Mes) sta mettendo a nudo la natura essenzialmente politica della crisi europea, che si sta consumando a colpi di “ricatti” finanziari con i quali l’organizzazione internazionale cerca di obbligare il governo Tsipras a venir meno al proprio mandato mediante l’attuazione di riforme contrarie all’impegno assunto con il popolo ellenico, già messo in ginocchio dalle precedenti politiche di austerità con cui accordo dopo accordo, rinnovo dopo rinnovo, sono stati divorati diritti ed eliminati pezzi importanti dello Stato sociale. Il commissariamento della Grecia è in atto dal 2010, la maggior parte dei finanziamenti ricevuti in cambio delle riforme sono serviti per salvare gli interessi finanziari privati dell’Eurozona, e non certo per far quadrare i conti pubblici. Il debito pubblico greco è infatti aumentato vertiginosamente proprio con l’avvio dei “piani di salvataggio”, sino al 2009 era poco meno del 104 per cento, nel 2010 è salito al 148,3 per cento sino a toccare, nel 2013, il 178 per cento. Ciò, si badi bene, è accaduto in tutti i paesi in cui è intervenuta la Troika. La più grande operazione di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei ricavi sperimentata in Europa negli utlimi decenni. Le banche tedesche e francesi sono state le più importanti beneficiarie indirette del denaro pubblico, compreso quello italiano, drenato ai paesi commissariati. Non è un caso, a mio parere, che sia il parametro della spesa pubblica (si veda il riferimento al surplus primario nel piano di riforme proposto ad Atene) e non quello del debito pubblico in sé il pretesto con cui si tenta di giustificare l’austerità. In altri termini, pare che si cerchi di porre l’attenzione solo su quei parametri che limitano il finanziamento dello Stato, lasciando invece che il debito pubblico possa crescere smisuratamente a causa dei salvataggi bancari. La questione centrale non è dunque di convincere i tedeschi a non disintegrare l’Europa pur di far pagare il debito ai greci – così come messo in evidenza da Thomas Piketty – ma di mettere in rilievo qual è la vera natura di quel debito e quali siano le responsabilità politiche di chi detiene la cabina di regia.

Questo ci fa capire come andando più in profondità non si può fare a meno di notare come la politica della Troika si regga su un sofisticato intreccio di strategie di comunicazione, strutture politiche e assetti normativi che rende inaccessibile al grande pubblico la verità politica nascosta dietro astrusi tecnicismi.

Come ho avuto modo di dimostrare in modo analitico nell’opera dedicata all’argomento, la posta in gioco non è soltanto il denaro ma il trasferimento del potere di governo delle nazioni europee dalle istituzioni democratiche interne alle organizzazioni finanziarie internazionali, ovvero ai mercati. E’ in questi termini che si può spiegare l’accanimento della Troika contro i diritti dei lavoratori, siamo di fronte ad un conflitto di classe su scala internazionale che vede il capitale ben rappresentato e i lavoratori disorganizzati.

La Grecia rappresenta il principale campo di sperimentazione per fare andare a regime un nuovo ordine politico internazionale che mira a scardinare l’equilibrio di poteri fra capitale e lavoro consolidatosi dopo la Seconda Guerra mondiale, e che ha iniziato a mostrare i primi segni di cedimento a partire dalla fine degli anni settanta con le politiche di lotta all’inflazione che hanno spinto verso un progressivo ridimensionamento delle politiche salariali.

Il limite del “ricatto” dei mercati? Dipende da quanto siamo disposti a sopportare. La straordinaria lezione di resistenza del governo Tsipras è proprio questa: accendere i riflettori sulla difesa della democrazia, sulla difesa dei lavoratori e delle fasce di popolazione più deboli contro l’aggressività delle istanze del capitale che si trincera dietro il rispetto di parametri, leggi europee e sovrastrutture politiche, che hanno iniziato a “tremare” al primo debole tentativo di rivendicazione della sovranità da parte di un piccolo Stato in difficoltà. Cosa stiamo aspettando?

La Repubblica ellenica sta strappando la maschera dal volto dell’Europa, più di questo non possiamo chiedere. Onore ai greci.

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