Anche nel 2014 il numero di super-ricchi è cresciuto a livello mondiale di oltre l’8%, consolidando il trend in atto dal 2008 e confermando l’ulteriore impennata – ben visibile anche graficamente – avviata nel 2012.
Nel documento che ogni anno illustra ai gestori dei grandi risparmi la dinamica e lo stato di salute del loro golosissimo settore, Capgemini e RBC Wealth Management forniscono anche ai non addetti ai lavori una delle più autorevoli panoramiche sull’evoluzione del numero di milionari nelle varie zone del pianeta.
A partire dal 2008, l’incremento medio annuo globale del numero di super-ricchi è stato del +10% tondo tondo. Nel solo 2014, il loro ammontare è cresciuto del +8,1%, passando da 13,6 a 14,7 milioni di individui. Se in Europa l’incremento nell’ultimo anno è stato ‘solo’ del +4,0%, a distinguersi è stata però ancora una volta l’Italia, che ha visto il numero dei suoi milionari passare da 203 a 219mila, registrando un incremento tendenziale perfettamente allineato a quello mondiale: +7,9%.
Si potrebbe continuare a lungo, perlustrando nel dettaglio le statistiche fornite gratuitamente dal report. Ma poi ci pensi e ti dici: in fondo, a noi, cosa ce ne frega? Bruno Vespa e Lilly Gruber queste cose mica ce le raccontano. Quindi magari non sono neanche vere. E poi non è da sottovalutare come queste considerazioni derivino soltanto dalla mia condizione di impenitente ‘rosicone’, come del resto deve esserlo quella di sociologi ed economisti del calibro di Bauman, Piketty, Stiglitz o altri “personaggetti” del loro spessore, che da anni scrivono fiumi di inchiostro sugli effetti collaterali della dottrina neoliberista. Per non dimenticare, poi, gli inattaccabili vessilli ideologici ostentati dai paladini di questo modello di crescita fondata sul capitale: da un lato, chi sostiene che “chi si impegna e quindi se lo merita, è giusto che accumuli più ricchezza dei fannulloni” e, dall’altro lato, tutti quei dischi rotti della retorica reaganiana dell’alta marea, che prevede che quando l’acqua sale, s’innalzino tanto gli yacht quanto le barche a remi.
Quindi cosa c’è da lamentarsi? Tutto normale, no? Per non parlare poi della sfera dell’etica pubblica, dove a farsi carico di questo fenomeno c’è adesso finalmente e formalmente anche Papa Francesco. Il quale, ribadendo con la sua ultima Enciclica quanto già anticipato nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” (che come tutti sanno ha scatenato un gigantesco movimento tellurico delle coscienze a livello planetario…), assicura noi spiriti inquieti che, a tenere alta la guardia sul fronte delle iniquità distributive, c’è addirittura il vertice della Chiesa in persona. Che – è utile ricordarlo – per gestire la comunicazione con l’esterno ha scelto di affidarsi nientepopodimeno che ai consulenti di McKinsey (come noto, proverbiali antagonisti alla cultura dominante del profitto…).
Quindi tutto è sotto controllo: continuate pure a dormire sonni tranquilli. Pare anzi che, da quando hanno letto la “Laudato si’”, squali della finanza internazionale come George Soros e Paul Singer o dell’imprenditoria come il nostro Sergio Marchionne, se la siano letteralmente fatta addosso dalla paura…
La verità è invece che, oltre a smantellare progressivamente ogni residuo di welfare, gli zerbini governativi del capitale potranno serenamente continuare a bloccare gli stipendi e congelare le pensioni. La spiegazione del perché accettiamo passivamente tutto questo ce la dà ancora un volta l’ormai citatissimo Orwell: “Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere, non saranno mai capaci di ribellarsi. E fino a che non si saranno liberati, non diventeranno mai coscienti del loro potere.” Ah, e se qualcuno dovesse ancora confidare nell’opposizione parlamentare, è piuttosto evidente come il suo ruolo sia ormai esclusivamente questo.