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Rio de Janeiro: Eduardo Paes, sindaco furbacchione?

Ieri sera l’elegante centro commerciale Fashion Mall del quartiere São Conrado (dove incidentalmente risiedo) ha ospitato, per un incontro con giornalisti e cittadini, Eduardo Paes, il prefeito (sindaco) di Rio de Janeiro. Domande e risposte preparate e rivolte al primo cittadino dalla responsabile delle pubbliche relazioni del centro, Kika Gama Lobo. Lui belloccio, simpatico, empatico, furbacchione, ma soprattutto giovanissimo per una metropoli di sette milioni di abitanti. Niente a che vedere con i nostri sindaci o presi a spallate da scandali o che sembrano appena usciti da una cripta.

Domande pertinenti e da copione. Per quale ragione potrebbero interessare un pubblico italiano? Poiché oltre al fatto che Rio è una delle città più interessanti del mondo nell’agosto 2016 ospiterà i Giochi Olimpici. Secondo Lui un’opportunità di crescita. Infatti una delle prime questioni riguarda proprio questo. Come mai il budget delle Olimpiadi è passato da 18 a 40 bilioni di reali? Lui, prontamente e con orgoglio: “Perché siamo riusciti a dirottare quasi metà di queste spese ai privati con il PPP (Partnership Pubblico Privato), elargendo concessioni. Geniale. Da italiano cazzuto e maligno mi viene subito da pensare che potrebbe anche essere il modo più semplice e lineare di intascare tangenti, quasi automatico, ma qui siamo in Brasile e non mi permetto. Così andiamo avanti. In effetti di cose ne sono state fatte parecchie, come la linea di autobus supercomfort che attraversa le grandi linee di traffico, e la riqualificazione di molti quartieri, come quello del vecchio porto. Altre per la verità sono in corso d’opera, come la linea 4 del Metrò e come la ristrutturazione di grandi alberghi, e non si garantisce affatto che saranno pronti per le Olimpiadi.

Lo show del sindaco, che palesemente adora visceralmente la sua città, raccoglie platealmente il favore del pubblico e in effetti, nonostante i problemi che una metropoli del genere presenta, non si può dire che le cose non siano migliorate durante il suo mandato. E quanto viene realizzato per le Olimpiadi ha già nel progetto la destinazione d’uso successiva.

E la spazzatura? Non manca di sottolineare che Rio vanta 19.000 spazzini, più di qualsiasi altra metropoli del mondo, sono addirittura mitici. Omette però di spiegare perché siano quasi tutti concentrati nelle zone ricche, mentre i quartieri poveri sono delle discariche velenose. E la violenza incredibile nelle favelas? (Di cui avrò modo di parlare ancora a breve). Si tratta di un problema di ordine pubblico e sicurezza secondo lui.
Non manca di sottolineare che nel periodo del suo mandato sono anche state realizzate più di 300 scuole pubbliche di qualità accettabile. È vero e dimostra una certa attenzione al tema cruciale dell’educazione.
Quello che a me non torna, in qualità anche di operatore socio-culturale, è come sia possibile che in un incontro in uno dei quartieri più eleganti della città, dove paradossalmente si trova anche la più grande favela del Sudamerica, la Rocinha, questa venga liquidata con un paio di battute. Ovvero ordine pubblico e nuove scuole. Dimenticando che si tratta di una realtà ormai addirittura storica, fucina di cultura che influenza tutta la città, con il Samba e il Carnevale, la sede di una delle scuole di Samba più popolari, Academicos da Rocinha, l’artigianato, le tradizioni Carioca e Nordestine e lo stile di vita. Sembra che far entrare nella testa dei ricchi che i poveri oltre ad essere poveri sono comunità strapiene di problemi, ma anche ricche di opportunità culturali e non solo bacini di futuri consumatori da bonificare sia impossibile.

Nel complesso comunque tutti soddisfatti, poteva andare tutto molto peggio: l’incontro, come la gestione cittadina di questi anni. D’altra parte come poteva non essere così in una delle città più fantasmagoriche e più belle del pianeta? Anche se il furbo Eduardo alla domanda “Reggerà Rio all’impatto con le Olimpiadi?” non resiste alla tentazione di rispondere con una battuta: “Non uscite di casa”.

Staremo a vedere.