I jihadisti dello Stato islamico hanno decapitato – per la prima volta dall’autoproclamazione del Califfato, un anno fa – due donne in Siria. Ciò che sorprende gli esperti, oltre al metodo inusuale e con pochissimi precedenti nella cultura musulmana, è l’accusa rivolta alle due donne della provincia di Deir Ezzor: stregoneria. La notizia è riportata su alcuni portali line in lingua araba, che citano come fonte attivisti locali siriani. La denuncia arriva anche dagli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra.
“Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione di ignoranza da parte dei miliziani dello Stato Islamico – commenta Francesca Maria Corrao, esperta di cultura araba e docente di Studi Mediterranei all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma – Non esiste nella storia dell’Islam, a differenza di quella cristiana, la caccia alle streghe. Non è mai esistito il reato di stregoneria. I terroristi, molti dei quali hanno studiato o vissuto in Occidente e hanno una scarsa conoscenza religiosa e giuridica, sanno però che in noi questo termine rievoca anni di paura e persecuzioni. Aumentando la carica emotiva con la decapitazione, lo usano così in maniera strumentale per terrorizzarci”. Inoltre, conclude, “non esiste nella legge islamica e nella giurisprudenza un vero e proprio divieto di decapitare le donne, ma questa pratica è sempre stata evitata”.
“Ѐ la prima volta che l’Osservatorio ha documentato un episodio di donne che vengono uccise dal gruppo in questo modo – racconta il direttore dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman – Il modus operandi dello Stato Islamico è, anche in questo caso, particolare – commenta Bruna Graziosi Soravia, docente di Istituzioni e storia dei paesi islamici all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma – Molte azioni di Isis sono spesso non giustificate dalla religione o dalla giurisprudenza islamica, ma la decapitazione delle donne viene evitata anche da molti altri gruppi radicali. Ricordo, ad esempio, il caso di una principessa saudita accusata di adulterio: mentre l’amante venne decapitato, la donna fu lapidata. Anche in casi estremi come questo, quindi, il taglio della testa della donna è stato evitato ”.
Un altro passo avanti, un nuovo superamento dei limiti toccati dalla violenza dei miliziani dello Stato Islamico che, dopo le decapitazioni, i prigionieri arsi vivi o annegati, cerca di proporre una nuova e ancora più macabra visione di sé e della propria “giustizia”.
Secondo quanto riporta il gruppo di attivisti con sede a Londra, le esecuzioni delle due donne e dei rispettivi mariti sarebbero avvenute nelle città di Deir Ezzor e di al-Maydin, nella Siria settentrionale. Alle persone che hanno assistito all’ennesima uccisione di civili da parte degli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi in Siria, oltre tremila i morti in un anno secondo l’Osservatorio, i jihadisti hanno spiegato che l’accusa nei confronti dei condannati a morte era quella di “compiere atti di stregoneria e magia a uso medico”.
“Accuse infondate e, sicuramente, contrarie alla tradizione e alla giurisprudenza islamica – conclude Corrao – Questo episodio dimostra per l’ennesima volta che agli uomini del califfato non interessa far rispettare la legge islamica, anche la più radicale, ma soltanto provocare terrore nei confronti dell’Occidente” e degli Stati che intendono conquistare.
Twitter: @GianniRosini