All'alba dei 36 anni, il Dottore regala ancora spettacolo. Ha studiato lo stile di guida di Marc Marquez ed è tornato ad essere assai competitivo: ottavo podio consecutivo e primato in classifica mondiale consolidato
Le vittorie non sono tutte uguali. La regola è tanto antica quanto inesorabile. Su questa legge, Valentino Rossi ha costruito tutta la sua carriera. Perché un conto è tagliare il traguardo per primo, un altro è farlo come il Dottore ha fatto ad Assen. Per averne conferma, basta chiudere gli occhi e cercare di ricordare qualche suo trionfo. Le prime vittorie che verranno in mente non saranno per forza le più importanti. Saranno semplicemente quelle che hanno emozionato di più. È semplice da spiegare, ben più difficile è metterlo in pratica. Jorge Lorenzo, ad esempio, ci prova da anni e a tratti ci è pure riuscito. Ma vincere dando cinque secondi e mezzo all’inseguitore ed essere ripetutamente in grado di salutare i tifosi ancor prima di tagliare il traguardo non alimenta lo spettacolo.
Jorge, al contrario, riesce a far sembrare elementari staccate quasi impossibili, traiettorie semplicemente perfette. Il segreto di Valentino, invece, sta nella capacità di non essere mai banale. Le sue vittorie non sono mai scontate, i suoi sorpassi non sono affatto semplici da dimenticare. Marc Marquez, in questo senso, è senza dubbio il suo erede naturale. Lo ha dimostrato soprattutto nel 2014, la stagione che è destinata a rimanere la sintesi perfetta del pilota di Cervera: potenza, spigolature, fisicità. Un distillato di prestanza atletica e genialità tecnica allo stesso tempo. Che però si trova a fare i conti con chi di smettere non ci pensa proprio. All’alba dei 36 anni, Valentino continua a divertirsi sulla moto. Tanto da essere disposto perfino a studiare un ragazzino ben 14 anni più giovane di lui per aggiornare il suo stile di guida. E tornare davvero competitivo.
Per lui, quella di Assen è una vittoria fondamentale. Al di là del vantaggio su Lorenzo, che ora è a 10 punti di distanza, lo è per il modo e per il momento in cui è arrivata, per la caparbietà con la quale è stata voluta, per il valore di cui è intrisa, nei confronti dei due rivali spagnoli. Con essa, Rossi ha raggiunto il successo numero 85 e il 168esimo podio in MotoGP. In pratica, ci è salito due volte ogni tre gare che ha corso. Ha ottenuto la sua nona vittoria sulla pista olandese, eguagliando così il record personale del Mugello. Ed è tornato ad abbinare pole e vittoria dopo cinque anni, nove mesi e 21 giorni (l’ultima volta fu a Misano, nel 2009).
È stato un inizio di stagione indimenticabile per il Dottore, che pare aver imparato la lezione dello scorso anno, quando subì lo strapotere di Marquez e della Honda e non gli fu sufficiente una splendida seconda parte di campionato per recuperare il terreno perso dallo spagnolo. Con Assen, Valentino è al suo ottavo podio consecutivo. In sostanza, fece meglio solo nel 2005, quando da inizio stagione non scese mai dal podio per ben 11 gare di fila; nel 2003, quando fece 16 su 16; e nel 2002, essendo arrivato a nove. Ma se fra qualche anno non resterà più traccia di tutti questi dati, quello che certamente rimarrà impresso nella memoria di molti è il modo in cui Rossi ha ottenuto la vittoria ad Assen. Che ancora una volta non è stata affatto scontata. Ecco, questo è il punto. Se l’albo d’oro ricorda le vittorie, il cuore del tifoso va oltre: in questo caso, la differenza la fa ancora l’emozione che gli viene regalata. E Rossi, in questo, non è secondo a nessuno.