La parabola artistica di Giovanni Caccamo, cantautore venticinquenne e vincitore dell’ultima edizione del Festival di Sanremo tra i giovani, è un esempio paradigmatico di quanto, oltre al talento, serva una dose massiccia di caparbietà per sfondare in un mondo sempre più complicato come quello dell’industria musicale. Prima di arrivare all’Ariston, il ragazzo lanciato da Franco Battiato e ora prodotto dalla Sugar di Caterina Caselli, ha tentato la strada dei talent show, si è inventato il Live at Home, con oltre sessanta date in giro per le case di tutta Europa, e ora si gode il successo con un approccio maturo e disincantato, ma senza perdere il gusto di fare musica che lo ha portato, un giorno d’estate di qualche anno fa, a intercettare Battiato in spiaggia e a consegnargli il CD che ha dato il via alla sua carriera.
Serve anche un po’ di faccia tosta per sfondare in questo mestiere?
La questione è trovare metodi alternativi per proporsi. Serve sicurezza in ciò che si fa, studiare tanto e avere il coraggio di farsi avanti.
Avevi anche provato la strada del talent. È servito a qualcosa?
Cinque anni fa avevo fatto un tentativo non andato a buon fine ma che è stato molto utile per farmi capire che dovevo iniziare a scrivere. È sempre più complicato riuscire a trovare qualcuno che scriva canzoni per te.
Poi ti sei inventato la formula dei live a casa della gente…
L’idea è nata dopo aver aperto i concerti di Battiato. Non avevo pubblico né soldi per un tour e ho lanciato un contest online e chiunque aveva un pianoforte in casa poteva candidarsi come palcoscenico del live. Alla fine ho fatto sessanta date in tutta Europa.
Anche adesso, all’interno del tour teatrale, ci sono quindici date di Live at Home, di cui cinque per beneficenza. L’intenzione è sempre quella di creare un dialogo diretto con il mio pubblico.
Il mercato discografico è sempre più in crisi. Tu hai la fortuna (e il talento) di essere sotto l’ala di Caterina Caselli. Come è nato il rapporto con lei e qual è la sua dote migliore?
Seguivo la Sugar da quando ero piccolo: era una delle etichette delle quali subivo più il fascino, anche per il tipo di musica che ho iniziato a fare. Pensavo potesse essere la famiglia giusta per me. Ho rotto le scatole al mio manager e sono riuscito ad avere un provino con Caterina. Da lì è nato un grande amore professionale. La marcia in più di Caterina è che è anche una artista, quindi capisce in maniera più profonda le esigenze e le dinamiche di questo mestiere.
Sei molto giovane ma hai già una carriera invidiabile. Se un ragazzo ti chiedesse un consiglio per intraprendere la tua stessa strada, cosa gli diresti?
La prima cosa è accertarsi di fare questo lavoro principalmente, o almeno inizialmente, per sé, perché se ne ha l’esigenza. Purtroppo oggi la mancanza di punti di riferimentoti porta ad attribuire al successo il valore aggiunto della vita. È sbagliato. La priorità deve essere l’autenticità di ciò che fai. Una volta raggiunto quell’obiettivo, in qualche modo le occasioni un po’ arrivano, un po’ te le trovi. Non bisogna aver paura di mettersi in gioco, anche con metodi non convenzionali.