Quanto costa un processo? Ma soprattutto quanto vale un omicidio? Uno a caso. Per Yara Gambirasio la Procura di Bergamo quanti soldi ha speso per raggiungere la sua verità? Mille, diecimila, centomila, un milione di euro? Di più? E cosi fa sempre? Si impegna fino allo spasimo per giungere a una giusta condanna, foss’anche l’ultimo derelitto a chiedere giustizia?
E sempre a proposito di soldi: la famiglia accusata dell’efferato omicidio di Avetrana, per non parlare delle altre, a quali fondi occulti attinge per avvalersi di quella tribù di avvocati, criminologi, psichiatri, analisti tutti di eccellente e prezioso curriculum?
Ma soprattutto: la severità dell’indagine, lo scrupolo col quale accusa e difesa avanzano indizi o li neutralizzano è amore per la verità o (anche) frutto dell’aspettativa del tempo di esposizione in televisione e dunque del fatturato che ne deriverà dalla notorietà acquisita?
Voglio spiegarmi meglio: tutti questi bei processoni che producono faldoni zeppi di documenti e di consulenze, tonnellate di prove e controprove, sono il risultato di una sincera sete di giustizia o solo, e purtroppo, il magico saldo del bisogno ossessivo di tv? Perché, nel caso fosse vera la seconda ipotesi, varrebbe la pena saltare il tribunale e infilare l’imputato, i suoi accusatori e i suoi difensori, dopo averli fatti passare in sala trucco, direttamente in uno studio televisivo.