Il direttore del festival di Cannes: "Oggi basta spingere ‘play’ e ‘stop’ per la proiezione di un film in dvd ed è tutto legale e senza controindicazioni. Il rischio è la mancanza di professionalità e know-how che consentirebbe invece il rispetto dell’opera e del suo restauro. Ho visto un film di Kurosawa del ’53 in un orribile versione restaurata e mi è sembrato di ascoltare i Rolling Stones suonati alla chitarra da un mio amico musicista peraltro bravissimo"
Il palmarès del Festival di Cannes 2015 è stato anti-italiano? “Chiedetelo ai fratelli Coen”. Parola di Thierry Fremaux, delegato generale della kermesse cinematografica più importante al mondo, ospite della Cineteca di Bologna alla 29esima edizione del Cinema Ritrovato. Pur in veste di direttore dell’Istituto Lumiere di Lione, carica che ha mantenuto nel tempo nonostante l’assegnazione del timone sulla Croisette nel 2001, Fremaux rilascia un paio di battute sulla polemica innescata dal direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Alberto Barbera, all’indomani del verdetto dell’ultima Cannes che ha premiato attori e film francesi e non ha visto nessun nome italiano – Moretti, Garrone, Sorrentino – sul podio.
“Un palmarès poco equilibrato, discutibile, dove temo abbia contato l’assenza di un giurato italiano”, spiegò Barbera creando un certo bailamme nel bon-ton festivaliero mondiale. “Si ho letto le dichiarazioni di Barbera, ma di Cannes non parlo”, spiega Fremaux uscito dall’aula in cui si sono ritrovati esperti del restauro internazionale a discutere di vittorie (e sconfitte) delle cineteche una volta iniziata la rivoluzione del rinnovamento e della conservazione dei film in digitale: “Per i vincitori del Palmarès 2015 vi dovete rivolgere ai fratelli Coen, non a me”. Eppure nei brillanti 45 minuti di intervento a Bologna del delegato generale cannense, colui che mette l’ultima parola sui film che andranno in Concorso sulla Croisette, e che magari qualche nome in giuria lo sceglie personalmente, del Festival di Cannes si è parlato assai. Negli ultimi anni nella doppia veste di direttore di Lione e di Cannes, Fremaux ha come “sdoganato” nel festival competitivo internazionale la proiezione di film classici restaurati coinvolgendo e rilanciando un nuovo discorso di passaggio nel restauro dalla pellicola e quindi dal 35mm al digitale coi suoi Dcp.
“La vittoria del cinema classico è ovunque. Non parlo di un trionfo, ma del suo apogeo sì. È la vittoria delle Cineteche di tutto il mondo, di un ruolo patrimoniale, politico e simbolico che questi istituti hanno assunto dopo decenni in cui non l’avevano. Oggi ritengo che se ne stia riconoscendo il valore artistico, estetico ed economico e si stia portando il cinema all’altezza delle altre arti”, ha spiegato Fremaux distinguendo tre “età” evolutive per le cineteche. “Quella degli archivi, dagli anni ’30 agli anni ’80, più pioneristica degli Enno Patalas e degli Henri Langlois che salvavano pellicole scomparse ma che nel loro appassionato lavoro erano sostanzialmente fuorilegge. Poi gli anni ’90 l’era dell’incontro e della collaborazione tra i titolari dei diritti dei film e le cineteche mondiali. È poi c’è l’età odierna del restauro in digitale, quindi della ricommercializzazione e riedizione di un patrimonio storico al grande pubblico. Percorso che abbiamo aperto a Cannes nel 2002 mostrando le opere della Film Foundation di Scorsese e della Cineteca di Bologna”. Anche se nel bel mezzo di un rinnovamento epocale del supporto nel restauro a Cannes chi va in Concorso può ancora decidere se proiettare in 35mm o in dcp: “P.T. Andersson preferisce la proiezione in 35. Winter Sleep, Palma d’oro 2014, è stato proiettato in pellicola, come il Grand Prix 2015, Son of Saul. Ricordo che per la proiezione per il ventennale di Pulp Fiction, Tarantino ha voluto che la Miramax ristampasse il film in 35 e noi abbiamo dovuto reinstallare il proiettore nella sala in cui veniva mostrato”.
Oltre alle vittorie del cinema classico c’è anche una sconfitta, o almeno un’ipotesi di sconfitta a cui porre rimedio presto: “La classicità è ovunque, perché è facile mostrarla. A Parigi aprirà una sala dove si proietteranno film restaurati in digitale; ma parliamo di un successo che non obbedisce più a un codice peculiare della comunità che se l’è inventato”, conclude Fremaux. “Oggi basta spingere ‘play’ e ‘stop’ per la proiezione di un film in dvd ed è tutto legale e senza controindicazioni. Il rischio è la mancanza di professionalità e know-how che consentirebbe invece il rispetto dell’opera e del suo restauro. Ho visto un film di Kurosawa del ’53 in un orribile versione restaurata e mi è sembrato di ascoltare i Rolling Stones suonati alla chitarra da un mio amico musicista peraltro bravissimo. O ancora: a Lione, al festival Lumiere, mostreremo un restauro in digitale dei Blues Brothers a cui parteciperà anche John Landis e il distributore che ne ha acquistato i diritti; solo che sempre a Lione giorni fa in un drive-in hanno proiettato un dvd dei Blues Brothers che ha avuto molto seguito. Tutto legale sia mai, però è stata fatta a casaccio. Così non si rispetta chi quel film l’ha fatto e come l’ha voluto. Ci vogliono nuove norme e regole nuove per il nostro settore, questa è la nuova sfida che dobbiamo intraprendere”.
Foto di Lorenzo Burlando