Nell'operazione coordinata dalla Digos di Milano sono finiti in manette i genitori e la sorella dell'italiana convertita all'Islam che viveva a Inzago, nel Milanese, e che ora è in Siria col marito albanese. Suo zio arrestato a circa 70 chilometri a sud di Tirana. In un messaggio l'esultanza per la strage alla redazione di Charlie Hebdo. Il procuratore aggiunto Romanelli: "Primo risultato contro Isis"
“… Ma io ti parlo a nome dello Stato Islamico, lode ad Allah, e Abu Bakr Al Baghdadi (numero uno di Isis, ndr) chiama qui alla hijra (emigrazione, ndr), chiama tutto il mondo alla hijra, chiama tutti gli uomini al jihad per causa di Dio, perché noi dobbiamo distruggere i miscredenti”. Parola di Maria Giulia Fatima Sergio, l’italiana convertita all’Islam radicale e diventata una combattente per l’Isis. Per lei e per altre nove persone è stata firmata un’ordinanza di custodia cautelare dal gip di Milano Ambrogio Moccia: a tutti viene contestato l’articolo 270 bis, associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, articolo di legge che fu introdotto dopo l’11 settembre in Usa.
Cinque le persone arrestate: il padre, la madre e sorella di Fatima, Sergio Sergio, Assunta Buonfiglio e Marianna Sergio, e due parenti del marito albanese Aldo Kobuzi: in Albania lo zio 37enne Baki Coku e a Scansano (Grosseto) la zia 41enne Arta Kacabuni. alias Anita. Tutti gli altri – Maria Giulia (nella foto quando era ospite della trasmissione Mediaset Pomeriggio 5), Haik Bushura (cittadina canadese), Donika Cocu, Serjola Kobuzi e Aldo Kobuzi (cittadini albanesi) – sono ricercati. Gli indagati, arrestati dopo le indagini della Digos di Milano iniziate oltre un anno fa, erano pronti per partire per la Siria: lì come Maria Giulia si sarebbero uniti ai combattenti del Califfato islamico.
L’operazione Martesë (matrimonio, ndr), coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ha quindi portato in carcere i familiari di Maria Giulia che vivevano ad Inzago, nel Milanese. In Albania, invece, le unità speciali della polizia di Tirana hanno fermato lo zio di Aldo Kobuzi, anche lui in Siria. Si tratta di Baki Coku, 37 anni. Domiciliato ad Arcille di Campagnatico (Grosseto), si trovava nella sua città natia, Lushnje, a circa 70 chilometri a sud della capitale. Dovrebbe essere estradato in Italia.
Le indagini degli investigatori hanno consentito di ricostruire il percorso seguito dalla giovane coppia per il raggiungimento della Siria. In particolare attraverso l’intercettazione del telefono usato da un coordinatore dell’organizzazione dei foreign fighters dello Stato Islamico, Ahmed Abu Alharith, è stato possibile ricostruire l’attività di smistamento degli stranieri che da varie parti del mondo partono per raggiungere il Califfato.
L’esultanza di Maria Giulia per la strage di Charlie Hebdo
Maria Giulia, ormai figlia di Isis, ha anche esultato per i morti di Parigi e in particolare la strage nella redazione di Charlie Hebdo. “Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell’Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli dalle loro mani” scriveva in uno dei messaggi. “Habibty Allahu Akbar sono morti i vignettisti che si burlavano del Messaggero pace e benedizione su di lui… !!! Bisogna fare sujud di ringraziamento“, scrive in un altro sms la Sergio.
Procuratore aggiunto Romanelli: “Primo risultato contro Isis”
“Non sono emersi elementi che possano far pensare a progetti di attentati in Italia” spiega il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, responsabile del dipartimento Antiterrorismo – È la prima volta che in Italia, e probabilmente in Europa, si arriva a un risultato del genere nei confronti dello Stato Islamico – ha continuato Romanelli – È una risposta giudiziaria importante“. “In questa indagine le moschee non hanno un ruolo significativo – chiarisce il magistrato -. Non emergono neppure criticità sul reclutamento di migranti in Italia È tutto rivolto verso l’estero. È infatti evidente e preoccupante un flusso da tutta Europa verso il Califfato”.
Individuato e intercettato il coordinatore dei foreign fighters
L’inchiesta milanese sull’Isis si è sviluppata anche grazie all’intercettazione e all’individuazione “del coordinatore dei foreign fighters” per conto dello Stato Islamico. “Abbiamo individuato – spiegato Romanelli – un’utenza turca. E si è aperto uno scenario enorme che ha fornito uno spaccato sulle regole per arrivare lì: accorgimenti materiali, come ad esempio l’indicazione di non usare telefoni di ultima generazione ma solo telefoni di vecchio tipo, la necessità di procurarsi schede locali e buttare la scheda vecchia, o la regola di portarsi una sola valigia senza eccessivo bagaglio”. Nelle intercettazioni il presunto coordinatore viene indicato come “colui che vi farà entrare in Siria”. “Questa persona – sostiene ancora Romanelli – è una persona importante nello Stato islamico e rivendica il ruolo di interlocutore con vari paesi Europei. Gestisce il profilo organizzativo ed è in grado di smistare tutte le persone in arrivo e dirigerli verso lo Stato islamico, a ciascuno viene data una collocazione: gli uomini per lo più vengono addestrati in campi militari mentre le donne restano a casa e svolgono un lavoro di indottrinamento“. E ancora: “Il reclutatore è una persona di un certo livello e in alcuni casi parla con persone del suo livello”.
“Non solo motivazione ideologica e religiosa per adesione allo Stato Islamico”
“Non c’è solo una motivazione ideologica e religiosa a spingere i foreign fighters a partire per aderire allo Stato Islamico. I reclutatori garantivano un welfare con cure sanitarie, distribuzione di armi, la possibilità di acquistare auto a prezzi stracciati in quanto bottino di guerra” spiega Lamberto Giannini, direttore del Servizio Centrale Antiterrorismo della Polizia. “Considerate l’attrattiva che questo può avere su persone che vivono una debolezza psicologica e anche economica – continua Giannini – I dati sulle origini dei foreign fighters lo dimostrano. È comunque chiaro che non basta l’idea di un’auto scontata per convincere una persona a partire per la guerra”.
Reclutatori attivi anche in Italia
Dalla Siria, il 30 marzo 2015, mentre convince la sorella e i genitori a raggiungerla Maria Giulia parla anche di reclutatori dello “Stato islamico” già attivi in Italia.
Maria Giulia: “Mamma, non preoccuparti di niente, perché Allah ti facilita ogni cosa… Tu vendi questi mobili con calma, Inshaallah, e poi fate la hijra (il viaggio sacro) e io da qua vi organizzo tutto… Perché lì ci sono dei mujaheddin, in Italia, hanno dei collegamenti, non preoccuparti… Però l’importante è che voi non parlate con nessuno, con nessuno…. Non parlate con la la gente, parlate solo con Allah“.
Sergio, il padre, le chiede se in Siria potrà comprare una macchina e avere la patente. E Giulia risponde: “No, qua non c’è la patente… Said ha preso la patente come mujahid, come combattente per Allah… Lui guida, non c’è problema… Lui in Albania non aveva la patente, poi ha fatto due mesi di addestramento e, niente, ha fatto tutto… Pa’, se tu vai tu al fronte con Said, con la macchina ti danno anche il kalashnikov…”
La storia di Maria Giulia Sergio – La giovane di 27 anni convertita all’Islam con il nome di Fatima Al Zahra qualche anno fa, si augurava in nome di “Allah” la “vittoria sui miscredenti“. Sul suo profilo personale del social network, infatti, la giovane, originaria di Torre del Greco (Napoli) e che ha vissuto nell’hinterland milanese e poi in Toscana prima di partire per la Siria per combattere a fianco dell’Isis, aveva inserito tutta una serie di fotografie ritraenti donne che indossano il niqab, il velo integrale.
Uno dei suoi ultimi post risale al novembre 2013. Nel dicembre del 2010, invece, scriveva: “Allahumma rinsalda le nostre gambe e dacci la vittoria sui miscredenti“. Fatima, dopo aver sposato prima un marocchino e poi un albanese (alcuni familiari di quest’ultimo sono stati arrestati) e dopo aver frequentato anche la moschea di Treviglio (Bergamo), sarebbe partita da Roma con un aereo diretto ad Istanbul. Dalla capitale turca, poi, dopo aver attraversato il confine, avrebbe raggiunto la Siria per unirsi ai fondamentalisti del sedicente Stato Islamico.
In un altro post la giovane aveva scritto: “In verità Allah ha detto ‘Vincerò Io e i miei servi credenti'”. Fatima sul suo profilo, inoltre, aveva messo anche una foto che ritrae una donna interamente coperta dal velo con la scritta “l’obbligo di coprirsi la faccia e le mani”. Aveva postato anche alcune osservazioni sui testi sacri sotto il titolo ‘Capitolo su quando l’Islam di un uomo diviene eccellente’. E, infine, il 5 agosto del 2011, in vista del matrimonio, scriveva: “Care sorelle c’è qualcuna di voi che ha delle foto di spose con niqab? Devo prendere spunto su come fare il mio niqab da sposa”.
•LA SCHEDA – Chi è Maria Giulia Sergio, l’italiana che combatte per il Califfato
•Video – In manette anche il padre della foreign fighter. L’intervista a La7