La Musica è Lavoro

Federico Zampaglione: “La crisi del settore musicale è alle spalle: oggi se non ci fosse la Rete sarebbe un problema”

Per il frontman dei Tiromancino la dimensione live resta uno dei momenti più importanti per chi svolge questo lavoro, sia dal punto di vista artistico che per il sostentamento della propria attività

di Salvatore Coccoluto

Ha firmato diverse canzoni per il nuovo lavoro di Eros Ramazzotti, Perfetto, uscito a maggio, e quasi contemporaneamente ha spiazzato tutti producendo L’inferno dei vivi, secondo disco del più trash dei metallari italiani: Richard Benson. È nella natura di Federico Zampaglione, cantautore, regista, sceneggiatore e frontman dei Tiromancino, stupire il pubblico e la critica. Da sempre ama rimettersi in gioco, misurandosi con nuove sfide. Proprio in questi giorni ne ha lanciata un’altra: da grande appassionato di boxe, ha deciso di aprire l’agenzia TM Promotion per promuovere il pugilato italiano nel mondo. E ad agosto porterà in Italia l’incontro per il titolo mondiale Silver WBC dei pesi leggeri. Nel frattempo è di nuovo in tour con i Tiromancino per riproporre i brani storici della band con arrangiamenti inediti, accompagnati dai Visual di Dario Albertini e da giochi di luci e scenografie. Per Federico, infatti, la dimensione live resta uno dei momenti più importanti per chi svolge questo lavoro, sia dal punto di vista artistico che per il sostentamento della propria attività, anche se è convinto che la crisi del mercato discografico sia superata e la Rete sia ormai un’indispensabile risorsa per la musica.

Federico, come mai avete scelto di fare un tour antologico?
Perché ormai il disco Indagine su un sentimento l’abbiamo ampiamente promosso. Ci ha dato tante soddisfazioni, tra cui due dischi d’oro, e quindi per questo tour abbiamo pensato di proporre i pezzi che ci divertiva di più suonare dal vivo e quelli che il pubblico vuole ascoltare, liberi dai vincoli dettati dalla promozione di un nuovo lavoro discografico. Il pubblico sta rispondendo benissimo. Mi ritengo molto fortunato perché, dopo tanti anni che faccio questo lavoro, sono ancora sul pezzo e anche grandi personaggi del mondo del pop mi chiedono canzoni, come è successo con Ramazzotti. Questo significa che lavorare con una certa qualità, cercando di fare le cose con ispirazione e non per dovere, porta risultati interessanti.

Come hai vissuto in questi anni la crisi e il cambiamento del mercato discografico?
Prima di tutto credo che la crisi della discografia sia in qualche modo superata. Il mercato ha passato un lungo periodo di instabilità in cui ha dovuto confrontarsi con i nuovi media, soprattutto con l’avvento della Rete che ha sconvolto tutto il sistema e inizialmente ha creato tanta paura e anche parecchi danni. Ora però, raggiunto un nuovo equilibrio, questo sistema non può più fare a meno delle recenti realtà comunicative. Pensare di lanciare un disco senza Internet è diventato assurdo: il lavoro che si fa sui social network, per la promozione, e sulle piattaforme digitali, per le vendite online, è diventato indispensabile. Se sparissero sarebbe di nuovo un terremoto per la musica. Dalle ceneri del vecchio sistema è nato qualcosa di nuovo e interessante.

Tu sei molto presente sui social network. Perché hai scelto di utilizzarli con assiduità?
Per avere un rapporto diretto con i fan. Grazie ai canali social, l’artista ha la possibilità di parlare un po’ di sé, di uscire fuori come persona, mostrando le proprie passioni e anche, perché no, le difficoltà personali. Insomma, si stabilisce un legame più profondo e confidenziale. Diventa anche un momento di verifica del proprio lavoro. Dalle risposte del pubblico spesso comprendo i punti forti di un progetto e quelli deboli su cui devo lavorare. Ovviamente non bisogna rimanerne intrappolati, ma sono utilissimi per avere un feedback immediato. Anche perché la gente sui social network ti dice spassionatamente ciò che pensa. È difficile che ci sia un rapporto reverenziale fra artista e pubblico.

So che stai lavorando a un nuovo disco. Si tratta del progetto dedicato a Franco Califano?
No, sarà un lavoro di inediti che avrà come filo conduttore il mare, inteso anche come movimento eterno di emozioni. Da sempre amo l’energia che trasmette. Il progetto dedicato a Califano, di cui avevo parlato poco tempo fa, sicuramente lo realizzerò, magari dopo questo disco.

Prima il cinema e ora la boxe. Come mai hai deciso di metterti in gioco ancora una volta?
La boxe è una mia passione. In questi anni sono entrato in contatto con tanti protagonisti di questo sport ed è nata un’amicizia con il pugile Emiliano Marsili. Siccome nel nostro Paese mancano le strutture per la promozione del pugilato, ho pensato di mettere su un’attività per aiutarlo a emergere. I profani lo considerano uno sport violento, nella realtà invece è uno sport completo, che richiede una grande preparazione tecnica, un intenso lavoro su mobilità, velocità, potenza, fiato. Non è la prima volta che mi metto in gioco con progetti ambiziosi. Mi piacciono le sfide: ultimamente infatti ho prodotto il disco di Richard Benson. Sembrava una follia e invece questa settimana è in classifica tra gli album più venduti.

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