“To pioneer Japan’s new international business
to contribute to the recovery of Fukushima,
by a team comprising only Japanese members”
Fukushima Wind Project
Secondo Matteo Renzi il consumo di petrolio non potrà finire domattina. Sarà. Ma la parola magica è: volere. Volere arrivare al giorno in cui non servirà piu’ fare buchi per estrarre la melma che madre natura ha ben intrappolato nelle sue viscerere per milenni. Volere e programmare.
Fra le tante lezioni c’è quella di Fukushima, dalle cui ceneri nasce qualcosa di nuovo. E’ il Fukushima Wind Project, a dodici miglia – circa venti chilometri – di distanza da quell’altra Fukushima che tutti già conosciamo.
Il governo giapponese, ascoltando le proteste dei cittadini, ha deciso di cambiare drasticamente indirizzo, e come parte della svolta green, per sopperire all’energia persa dopo l’incidente nucleare, ha iniziato ad installare turbine eoliche a mare nell’area di Fukushima già nel 2013, grazie ad una partnership con la Mitsubishi, la Marubeni Company e l’Università di Tokyo, Hitachi, la Nippon Steel ed altre ditte, tutte giapponesi. Sono stati stanziati 405 milioni di dollari per la seconda fase del progetto, che è stata completata proprio in questi giorni. Ce ne sarà una terza in modo che il totale di energia generata da un complesso di tre turbine sarà di 14 MW.
Se tutto va bene si continuerà ad ampliare il parco eolico e si arriverà ad 80 turbine nel 2020. L’energia verrà trasportata a terra grazie a cavi sotterranei.
Cioè rimpiazzano la centrale nucleare con un parco eolico, tutto made in Japan.
L’idea di mettere le turbine a mare piace a molti, perché non ci sono problemi di densità abitativa in mare. E queste sono turbine speciali: sono montate su strutture galleggianti, che possono essere installate in posti dove i fondali marini sono profondi e che si possono spostare per facilitare il passaggio di navi. Le turbine ancorate rigidamente ai fondali possono arrivare solo a trenta metri, queste non hanno limiti. Quella che stanno installando in Giappone sarà la più grande del mondo. Le turbine galleggianti sono già realtà in Norvegia ed in Portogallo.
In Italia, nonostante ci fossero stati anche dei prototipi di eolico in mare in Puglia negli anni scorsi, come ricorda Legambiente, tutti i progetti di eolico a mare sono fermi da anni. Le trivelle sì, l’eolico a mare no. Perché? Se è pericolosa per l’ambiente o è brutta la turbina eolica a mare, a maggior ragione lo è il pozzo di petrolio o la nave FPSO. La turbina non si incendia e non scoppia. Il pozzo sì. Qual è la logica dietro queste decisioni, ammesso che ce ne sia una?
Intanto due professori di Stanford, Mark Jacobson e di Berkeley, Mark Delucchi presentano il loro progetto di energia rinnovabile in tutti gli stati Usa, ciascuno usando uno specifico mix di risorse. Secondo i loro studi è possibile generare il 100% di energia dalle rinnovabili in tutti gli stati americani, creando posti di lavoro, risparmiando, ed evitando di immettere in atmosfera sostanze tossiche.
Se si può fare in ogni angolo d’America si può fare in ogni angolo del mondo.
Non siamo il Giappone, non siamo l’Uruguay, non siamo la California e non siamo la Germania. Ma sono sicura che se ci si mettesse di impegno e di volontà, una soluzione energetica vera, innovativa ed intelligente che non include fare buchi la si può trovare. Bisogna solo volerlo, ma per davvero.