Accusano chi ha chiesto il voto della piazza di essere un irresponsabile, un visionario, un giocatore di poker o di tressette. Visto che un blog è un contenitore di opinioni personali, credo sia utile ragionare non tanto sul fine (che è importantissimo) ma anche sul metodo utilizzato per il referendum greco del prossimo 5 luglio. Senza ansia partigiana o vincoli personali. Il punto è accarezzare un’altra visione delle cose, sganciata da quell’attualità che spesso consuma i neuroni e impedisce analisi e confronti.
Al di là di chi vincerà domenica notte (e si spera la Grecia nella sua interezza), sarà la partecipazione a giocare un ruolo da bilancino. Perché se il sì o il no dovessero prevalere di molto, allora comunque Tsipras potrà dire di avere mobilitato il popolo e quindi decidere di negoziare al ribasso o al rialzo. Ma se il referendum dovesse finire pari, sostanzialmente quindi con una vittoria di pochissimo, il Paese ne uscirebbe spaccato a metà come una mela che nessuno vuol più mangiare. Un rischio, certo, ma il vero jolly sta nella scelta di voler interpellare i cittadini. E’ questa la mossa da premiare. Chiedere al paziente quale medico e quale medicina preferisca, dal momento che la cura impostagli fino ad oggi non lo ha sanato, è un atto logico, visto e considerato che dal 2011 ad oggi la Grecia è stata idratata e alimentata forzatamente dalla Troika nonostante l’encefalogramma fosse piatto. E solo per salvare i vecchi e illustri creditori di Atene, mentre oggi i prestiti sono anche sul groppone degli Stati. Ma all’esterno questo grasso-grosso pasticcio greco viene ancora visto come un caos nebbioso, anzi come un vero e proprio labirinto.
“Labirinto greco” infatti è il nome scelto dal gruppo FuoriOnda per un documentario sui fatti ellenici, che verrà presentato venerdì 3 luglio a Messina nell’ambito del presidio di solidarietà con il popolo greco, promosso dalla Comunità ellenica dello Stretto e L’Altra Europa con Tsipras – Messina. L’obiettivo di piazze italiane che si riempiono, si confrontano, scoprono le carte di vicende e testimonianze, è proprio quello di tornare a far parlare l’agorà. Lo abbiamo scritto in tutte le salse: l’agorà, la piazza, il demos, il logos non sono vecchi arnesi tanto cari a intellettuali o sognatori. Ma il cemento di ogni comunità, il collante senza del quale le esistenze di ciascuno, cittadino o cancelliere che sia, non varrebbero neanche mezzo centesimo di dracma.
Ecco. Ripartiamo dalla piazza, dalla gente e poi ovviamente anche dalle politiche economiche, dalle scelte e dalle misure. Ma nella consapevolezza che la Grecia, di cui sino ad oggi proprio da queste colonne abbiamo raccontato contraddizioni, ruberie e follie politiche, proprio la Grecia tra mille difetti non può avere quello di ignorare la democrazia e quindi il popolo. Che è e rimane, nonostante tutto, sovrano.
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