E’come la Tela di Penelope questo referendum sulle misure di austerità annunciato da Alexis Tsipras per domenica 5 luglio. Di giorno c’è chi lo tesse, con pazienza (poca) e anche con (parecchie) brusche frenate, prima di altre folli fughe in avanti. Di notte, poi, ecco la manina che distrugge il lavoro fatto.
Paradossalmente, proprio mentre anche la Cancelliera tedesca Angela Merkel pare aver metabolizzato la consultazione popolare (ha detto infatti che le trattative riprenderanno dopo il risultato del referendum) e l’Eurogruppo ha ufficializzato questa posizione, quindi avendola digerita seppur obtorto collo, dalla Grecia ecco un altro possibile stop: due cittadini rispondono all’appello dei costituzionalisti ellenici e sollevano il vulnus dinanzi al Consiglio di stato greco. Per cui, in questa storia piena zeppa di colpi di scena, potrebbe anche esserci alle ore 12 di venerdì una sospensione giudiziaria che “congelerebbe” il referendum nel frattempo già accettato da Bruxelles. Una pericolosa danza sul filo del rasoio, con conseguenze ancora più imprevedibili.
Nikos Sakellariou, come tutti i suoi colleghi giudici, pensava che i tribunali ellenici sarebbero rimasti chiusi per l’intera settimana, al pari delle banche. E invece da giovedì dovrà tornare al lavoro sul suo scranno di vicepresidente del Consiglio di Stato per convocare una sessione straordinaria che dovrà valutare nel merito i profili di incostituzionalità. Nel ricorso, i due cittadini (un ingegnere e un avvocato) sostengono che sia l’atto del Governo per la proposta di referendum sia il decreto presidenziale di annuncio del referendum stesso cozzino con l’articolo 44 della Costituzione e con la legge 4023/2011, relativa alle norme per lo svolgimento. Nello specifico i requisiti costituzionali impediscono che la politica fiscale dello Stato sia materia da sottoporre al popolo, dal momento che le decisioni delle tre organizzazioni internazionali (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) e dell’Eurogruppo dello scorso 25 giugno per le quali il popolo greco è chiamato ad esprimersi riguardano il diretto funzionamento dello Stato. Quindi materia troppo sensibile e di netta competenza del governo. Prima (presunta) violazione delle Costituzione, quindi.
Inoltre il quesito non sarebbe posto in modo chiaro e conciso, come richiesto dalla legge, ma complesso e con termini tecnici. Terzo punto, i tempi: è stato convocato senza il preavviso minimo di dieci giorni in modo da assicurare un’adeguata informazione ai cittadine. Ai due ricorrenti greci si accoda una pronuncia del Consiglio d’Europa che, come riportato da Associated Press, ritiene che “le condizioni del referendum in Grecia non soddisfano gli standard internazionali”. Il Segretario Generale Thorbjorn Jagland ha dichiarato che le norme internazionali raccomandano che il referendum si debba tenere almeno due settimane dopo la pubblicazione del bando, al fine di consentire un tempo sufficiente per discussioni e dibattiti. E permettere agli osservatori internazionali di monitorare il processo stesso.
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