Ieri il cambio ai vertici della sicurezza, oggi gli arresti. Sono dodici le persone fermate per la strage di Sousse, in Tunisia, in cui sono morti 38 turisti stranieri. È stato Lazhar Akremi, tra i leader del partito Nida Tounes del presidente Beji Caid Essebsi, ad annunciare l’operazione di polizia senza però specificare quando e dove siano scattate le manette.
Radio Shems Fm, inoltre, riporta anche la notizia che le forze di sicurezza tunisine hanno smantellato una “cellula terroristica” sospettata di avere legami con il sedicente Stato Islamico (Is). L’operazione è scattata nelle ultime ore a Sfax, città portuale a 270 chilometri a sud di Tunisi e ha portato all’arresto di tre persone.
Intanto sono scattati i provvedimenti del ministero dell’Interno nell’ambito della catena di responsabilità in seno ai capi distretto della sicurezza. Nella tarda serata di ieri è stata ufficializzata la rimozione dei capi della sicurezza dei distretti di Sousse, Monastir e Kairouan. Una misura che era nell’aria, dopo le forti critiche che da più parti sono state mosse al dispositivo di sicurezza che, l’azione di Seifeddine Rezgui, ha mostrato per intero le sue crepe. Nei giorni scorsi Essebsi aveva ammesso che “le forze di sicurezza tunisine non erano pronte a far fronte a un attacco terroristico contro un sito turistico a partire dalla costa”.
Il ministero della Sanità di Tunisi ha dato un nome ai corpi di tutte le 38 vittime dell’attacco terroristico al resort di Sousse avvenuto venerdì scorso. Si tratta in particolare di 30 cittadini britannici, tre irlandesi, un portoghese, due tedeschi, un russo e un belga. Le salme degli inglesi sono state rimpatriate con aerei messi a disposizione dalla Raf.
Proseguono le indagini sull’attentatore ucciso dalla polizia subito dopo il raid. Seifeddine Rezgui, che potrebbe essere stato sotto l’effetto di droga mentre sparava contro i turisti in spiaggia, era andato ad addestrarsi in Libia dove aveva conosciuto i due attentatori del museo del Bardo di Tunisi. Prosegue la chiusura di tutte le moschee del Paese non ancora sotto il controllo statale che ne deve garantire il ruolo esclusivamente religioso e non politico. Sono un’ottantina e da tempo la propaganda jihadista è la loro principale attività. Intanto il ministro tunisino per le relazioni con la società civile, Kamel Jendoubi ha detto che che sono stati spiegati 1770 agenti di polizia in hotel e spiagge per rendere più sicure le località turistiche.