Come in ogni storia di terrorismo c’è un cattivo maestro, c’è l’ideologia che diventa fanatismo, c’è il viaggio, ci sono le vite degli altri da sacrificare sull’altare di un male supremo, c’è il grande burattinaio del terrore. La metamorfosi di Maria Giulia Sergio in Fatima, la degenerazione da figlia ad aspirante assassina in nome di Allah, la mutazione delirante da donna a sposa di un mujahed, si può leggere nelle 43 densissime pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di padre, madre e sorella.
La ragazza di Torre del Greco, 27 anni, gioì e ringraziò il suo Dio quando la redazione della rivista satirica di Charlie Hebdo fu trasformata in un mattatoio. Perché per Fatima, da mesi in Siria, ormai conta solo una cosa: “Uccidere i miscredenti“. E si dice convinta di essere pronta al martirio: “… Il jihad è l’azione più grande… Non c’è alcun ostacolo … Io faccio duaa (invocazione) ogni giorno che Abu Bakr al-Baghdadi dà la conferma alle donne per il jihad. Anch’io shahid con il volere di di Allah”. Intercettando lei gli uomini della Digos entrano in contatto con il grande burattinaio, il coordinatore mondiale dei foreign fighters. Perché lì ci sono dei mujaheddin, in Italia, hanno dei collegamenti, non preoccuparti…
Il coordinatore dei foreign fighters di tutto il mondo
Il 22 settembre 2014 succede qualcosa di straordinario che allarga ulteriormente gli orizzonti investigativi. Maria Giulia assieme al marito atterra all’aeroporto di Istanbul e contatta un’utenza turca. Scrivono gli inquirenti: “Tale attività ha effettivamente condotto a individuare l’utilizzatore del numero in un cittadino mediorientale di nome Ahmed Abu Alharith, che durante le conversazioni registrate si è qualificato quale coordinatore dei volontari in arrivo in Turchia e intenzionati a raggiungere lo Stato islamico. L’intercettazione dell’utenza turca ha confermato che il numero era in uso ad un soggetto di spicco all’interno dell’organizzazione terroristica, avente il compito di instradare i soggetti desiderosi di unirsi all’Is”. Spiegano i magistrati: “Il coordinatore via telefono impartisce precise disposizioni parlando autorevolmente per conto dello Stato islamico e così fanno le altre persone alle quali viene passata l’utenza”. In una telefonata, ad esempio, “il coordinatore ordina a un corrispondente libico di non inviare più volontari dalla Libia poiché il Califfato è stato proclamato anche in quel Paese e pertanto i mujaheddin che si trovano in Libia devono rimanere a combattere in quel paese”.
Coordinatore: “Sei tu che mandi i fratelli libici?”
Uomo: “Si, con il voler di Dio, libici e anche non libici”
Coordinatore: “Non si può più mandare dei libici, fratello. Ascoltami, abbiamo ordini dagli alti dirigenti che la stato Islamico esiste già in Libia, c’è stato il riconoscimento perciò non c’è bisogno di mandarci fratelli dalla Libia in Siria. Cioè possono operare in Libia e anche in Tunisia”.
Inoltre, si legge nell’ordinanza firmata dal giudice di Milano Ambrogio Moccia: “Dall’ascolto delle conversazioni intercettate sul numero turco in uso al coordinatore emerge con particolare evidenza l’applicazione concreta delle regole previste per raggiungere lo Stato Islamico”. Viene così fatto “divieto di portare con sé apparecchi elettronici di ultima generazione, come iPhone, tablet, Samsung Galaxy, per evitare localizzazioni ed in quanto non compatibili con le regole dello stato İslamico”. Il coordinatore consiglia di portare telefonini come i vecchi Nokia utili solo per fare telefonate, iiene raccomandato inoltre dl portare solo l’indispensabile (una valigia), poiché il Califfato provvede a tutto e garantisce ai suoi sostenitori quanto è necessario alla vita quotidiana, conferendo loro generi di sussistenza derivanti dal il bottino di guerra”. E ancora: “A chỉ lo contatta il coordinatore raccomanda, se si tratta di soggetti ancora in madre patria, di chiamare quando hanno raggiunto la Turchia utilizzando un telefono non rintracciabile”.
L’intercettazione sull’utenza turca parte il 12 dicembre 2014. In totale vengono censiti contatti con 22 utenze di 13 paesi diversi. Tra queste Svizzera, Svezia, Francia, San Marino, naturalmente l’Italia. Ma è Maria Giulia diventata Fatima il bersaglio della Digos. È la sua volontà di morire per Allah il centro della storia.
L’urlo di Maria Giulia: “Uccidere i miscredenti”
Quanto Maria Giulia fosse ormai pronta a qualsiasi cosa viene testimoniata da una intercettazione di poco meno di un mese fa. È il 6 giugno, mancano 15 minuti alle 13. La 27enne spiega alla sorella Marianna e ai suoi genitori che ascoltano quale sia l’ordine del califfo Abu Bakr Al-Baghdadi ai jihadisti che vivono in Occidente: La sintesi ghiaccia il sangue: il musulmano che non può raggiungere lo Stato islamico è obbligato a fare il jihad e uccidere miscredenti nel luogo in cui si trova perché il jihah consiste in questo: uccidere i miscredenti.
Maria Giulia: “Comunque volevo dirti una cosa. Abu Bakr Al-Baghdadi ha fatto un nuovo annuncio e ha detto: “Giuro su Dio, chi non può venire qua in jihad, io dico che jihad è fardain (dovere obbligatorio), ha detto fardain, allora deve fare jihad nei paesi in cui si trova. Solo così io do halal (cioè che è lecito) nel giorno del giudizio”… Dio è grande, non c’è altro Dio che Allah… E l’emiro dei credenti ha detto: “Il jihad per la causa di Dio è un dovere obbligatorio”, no? E chi non può venire qui….”
Marianna: “E il jihad qui in cosa consiste?”
Maria Giulia: “Il jihad nel daarakufr (terra della miscredenza)? Uccidere i miscredenti! Perché loro non vogliono lo Stato islamico, non vogliono Allah l’Altissimo”.
Del resto questo pensiero era già stato chiaramente espresso dalla ragazza il 16 marzo: “Noi qui stiamo ammazzando i miscredenti per poter allargare lo Stato Islamico, ok? Noi non vogliamo essere amici dei miscredenti (…) questo è quello che dobbiamo fare per allargare lo Stato Islamico“.
L’arruolamento di genitori e sorella: “Devono essere i nostri schiavi”
Arrivata in Siria insieme al marito Aldo Kobuzi, poi chiamato Said e partito alla volta dell’Iraq per addestrarsi, Maria Giulia comincia ad accerchiare la sorella e i genitori per convincerli a raggiungerla: li blandisce, li prega, li minaccia anche. E gli arresti dei tre sono stati decisi proprio perché, dopo qualche tentennamento della madre Assunta, gli investigatori della Digos hanno compreso che Marianna, 31 anni che ormai è libera perché ha divorziato, Sergio, 61, e la madre, 60, avevano ritirato l’unico passaporto da rinnovare e messo in vendita i beni. In una intercettazione del 25 gennaio arriva la richiesta di raggiungerla.
Maria Giulia: “Mariam… Mari……non devi parlare…no non devi parlare … Allora quando vuoi, quando, inshallah, siete pronti, io vi organizzo il viaggio da qua con i mujaheddin, non voi da soli così, capito?”
Marianna: “Emm…va bene”
Maria Giulia: Non c’è problema, qua non vedono l’ora… Già, un mese fa, subhanallah, un fratello che fa questi viaggi qua no? Ha chiesto a Said: Allora, la famiglia di tua moglie viene o no… viene o no? Perché loro… cioè, subhanallah…qua, veramente, ci amiamo tanto nell’Islam, siamo tutti fratelli veramente mashallah, non c’è egoismo, subhanallah….”
Marianna ormai è così convinta tanto che nel suo pc gli investigatori trovano un file pdf dal titolo “L’obbligo della Hijrah dalla terra del Kufr (colui che rifiuta Allah) e dello Shirk, ma anche una nota dello sceicco Muhammad Nasiruddin al Albani in cui si sottolinea l’obbligatorietà dell’emigrazione e la ricompensa. Per catturare completamente la sorella, Maria Giulia alterna le citazioni religiose con una serie di racconti attraverso il quali enfatizza la vita che conduce tutti i giorni in Siria, fatta di semplicità e serenità: “Voglio essere come loro, voglio essere con te, con mamma con papà e con i messaggeri, con gli uomini forti, i mujaheddin, e tutti quelli che hanno lottato e che il loro sangue è caduto per terra per Allah… perché loro hanno quello che nessuno ha… ma io ti parlo a nome dello Stato Islamico, lode ad Allah, e Abu Bakr Al-Baghdadi chiama qui alla hijra, chiama tutto il mondo alla hijra, chiama tutti gli uomini a (fare) il jihad per causa di Dio, perché noi dobbiamo distruggere i miscredenti … quella che ha significato è l’Islam, che cosa ho fatto oggi per Allah subhanahu taala? Ho fatto tutto quello che dovevo fare. Oggi io posso morire, quindi non rimandiamo a domani quello che possiamo fare invece oggi, abbiamo una nia (intenzione, ndr) sincera; abbiate la nia di morire shuhada (martiri) n.., di fare la hijra, anche se siete lì al momento, però sempre. Oh Allah concedimi di morire shahid, oh Allah concedimi di morire in Suria (Siria), nella terra dell’Islam, Oh Allah concedimi la hijra per la causa di Allah…”. Per convincere il padre e la madre Maria Giulia magnifica l’Isis come uno stato assistenziale, dove tutti hanno tutto di quello che hanno bisogno. Alla fine convince Sergio a licenziarsi: “Sono loro che devono essere nostri schiavi, non noi..”. La partenza viene quindi decisa per metà giugno. A marzo Maria Giulia gli aveva ordinato: “Voi dovete fare la hijrah… A te serve che prendi le valige, metti le cose più importanti.. Venite qua nella terra dell’Islam, è un obbligo religioso!”.
Vita da jihadista: lapidazioni e decapitazioni. “Ho imparato a sparare”
Ma qual è la vita di un jihdista. Il 14 e il 28 novembre Fatima svela come Aldo-Said sia stato in Iraq e dopo dieci giorni di training sia tornato con la qualifica di mujahed a disposizione del Califfato. Il 5 gennaio Aldo, esentato dai combattimenti perché la sorella è da poco rimasta vedova e deve partorire, partecipa a una lapidazione.
Maria Giulia: “Sufanallah sai Said dove è andato mamma? C’è un uomo che ha fatto zina (adulterio), un uomo sposato che è andato con un’altra donna. No, niente Said come mujaheedin come soldato per Allah sufanatallah va con altri fratelli per lapidarlo per fare il saa”
Marianna: “Ah marshallah” e poi ride
Assunta: “Bene”
Intercettati anche i parenti di Aldo gli investigatori ascoltano il racconto di Donika Coku: “Mi trema il corpo perché hanno tagliato la testa a due kosovari… tagliato proprio… ieri hanno tagliato la testa a due kosovari“. E barba folta e armato Aldo compare anche in alcuni screenshot. Anche Maria Giulia ormai è capace di sparare. È il 22 febbraio quando in un’intercettazione racconta di aver imparato a sparare con il kalashnikov; di averlo fatto contro un albero e poi di aver sparato con una pistola e che vorrebbe inviare un video alla famiglia, ma Said non vuole per evitare intercettazioni. Gli investigatori però sanno che marito e moglie sono in un’area a nord della Siria a circa 20 chilometri dalla città di Manbija a ridosso del fiume Eufrate, tra Aleppo, Raqqah, Kobane e il confine turco, ossia inseriti esattamente nel territorio dell’autoproclamato Stato Islamico.
La cattiva maestra: la canadese di origini siriane
Ma chi è il cattivo maestro delle sorelle Sergio? Una donna canadese di origini siriane ora residente in Arabia Saudita. È Haik Bushura, 30 anni, che per gli investigatori ha un ruolo fondamentale nel loro arruolamento all’interno dell’Isis. E anche via Internet cerca di reclutare alcune donne musulmane. È lei che tiene lunghe lezioni online, gestisce e guida gruppi di studio via Skype, fra cui quello seguito da Marianna. Ed è Haik una delle prime persone che Maria Giulia contatta non appena arrivata in Turchia, per poi raggiungere la Siria. Dall’esame delle mail recuperate emerge che la jihadista italiana aveva manifestato all’amica le sue preoccupazioni sul trasferimento in Siria (circa la possibilità di continuare a studiare, e circa la presenza di ospedali in grado di potere curare la sua malattia), e che Bushura prontamente l’aveva rassicurata affermando che la situazione nei territori sotto lo Stato Islamico era discreta, così contribuendo a superare le perplessità della Sergio. E anche quando la ragazza aveva dimostrato una perplessità sulla compatibilità “tra le funzioni di marito e quelle di combattente” la maestra era stata netta: “… Se poi tutti gli uomini dovessero pensare al mantenimento eterno della famiglia nessuno potrebbe combattere e lo Stato islamico sarebbe invaso e finito”.