La responsabile del debito pubblico ha contestato le previsioni dell'agenzia, dicendo che "non ci sono elementi per capire" come sono state fatte. Ma non ha fornito numeri alternativi. Resta il fatto che lunedì scorso l'asta dei Btp non ha raggiunto il massimo della forbice di offerta e ha fatto registrare tassi di interesse in aumento. Intanto Padoan ripete che l'impatto per Roma sarà limitato nonostante Piazza Affari, nei giorni più caldi, sia stata maglia nera tra i listini europei
“E’ una stima molto aggressiva e non si riesce a capire come è stata fatta”. Così Maria Cannata, responsabile del debito pubblico per il Tesoro, ha commentato la stima diffusa dall’agenzia di rating Standard&Poor’s, che prevede un costo per l’Italia di 11 miliardi di euro in termini di maggiori interessi in caso di default della Grecia. “Non ci sono elementi per capire come è stata fatta questa stima”, ha sostenuto la funzionaria del ministero delle Finanze. Senza però fornire stime alternative. Quanto alle aste di titoli pubblici, “siamo andati in asta in situazioni molto più complicate e anche nel 2011”, ha ricordato Cannata. Smentendo che nel prossimo futuro qualche appuntamento con il mercato possa essere rimandato a causa della crisi ellenica: “Figurarsi, non è una situazione per cui non si va in asta”.
In effetti via XX Settembre le aste finora non le ha rinviate, ma l’esito dell’ultima, che si è tenuta lunedì scorso dopo l’annuncio del referendum in Grecia, evidenzia come l’impatto si sia sentito eccome: il Tesoro ha registrato tassi in netto rialzo. Gli 1,5 miliardi di titoli quinquennali sono stati venduti offrendo un rendimento dell’1,25%, rispetto allo 0,85% dell’asta del 28 maggio, mentre l’interesse sui 2,8 miliardi di Btp decennali è stato del 2,35%, dall’1,83% del collocamento di un mese prima. In più il Btp a 10 anni non ha raggiunto il massimo dell’offerta, pari a 3 miliardi. Chiaro segnale del fatto che i titoli sovrani italiani, nei giorni in cui un altro Paese del Sud Europa è sull’orlo del default, sono considerati decisamente meno appetibili. E questo nonostante i massicci acquisti effettuati dalla Banca centrale europea nell’ambito del quantitative easing, che hanno fatto rientrare l’iniziale fiammata dei tassi sul mercato secondario e limitato l’ampliamento del differenziale tra Btp e Bund tedeschi. Il piano di acquisto dell’Eurotower, ha del resto chiarito S&P, in caso di Grexit “sarà in grado di contenere la salita dei rendimenti”, che saranno però soggetti a “un’impennata iniziale” e “una parte del rialzo diverrà permanente”.
In questo quadro, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha un bel ripetere che la crisi della Grecia avrà un impatto trascurabile sui conti pubblici perché i 37 miliardi di esposizione dell’Italia al debito greco sono “già a bilancio” e che “non c’è alcun rischio contagio“. In realtà la cronaca finanziaria dell’ultima settimana mostra chiaramente che la prospettiva di una possibile Grexit ha un effetto diretto anche su Piazza Affari, che nei giorni più caldi è stata maglia nera dei listini europei. E, se è vero che l’indice principale della borsa milanese, il Ftse Mib, è sugli stessi livelli dell’inizio di maggio, è anche vero che da venerdì 26 giugno a oggi ha lasciato sul terreno il 5%.
Quanto all’attendibilità dei calcoli di S&P, per arrivare agli 11 miliardi di costi potenziali preventivati dall’agenzia il tasso del Btp dovrebbe salire al 3,5% e mantenersi su quel livello sia quest’anno sia il prossimo e dovrebbe verificarsi un aumento analogo sui titoli a tasso variabile. Fino a ora, va detto, il Tesoro si è finanziato a tassi bassi e la raccolta ha superato il 60% dei 420 miliardi di emissioni previsti.