Musica

Jim Morrison, quarantaquattro anni fa moriva la leggenda ribelle del rock

Il 3 luglio 1971, a Parigi, veniva ritrovato il cadavere del leader dei Doors, che con Kerouac, Bukowski e pochi altri, è una delle tappe fondamentali dell'emancipazione dalla cultura meramente scolastica

di Michele Monina
Jim Morrison, quarantaquattro anni fa moriva la leggenda ribelle del rock

“C’è qualcuno che sa di essere vivo qui stasera?”. Questa frase, come decine di altre, fa parte del ricco repertorio di aforismi di Jim Morrison con cui, a distanza di quarantaquattro anni dalla sua morte, milioni di ragazzi in tutto il mondo occidentale si confrontano quotidianamente.

Sì, perché proprio oggi, quarantaquattro anni fa, moriva James Douglas Morrison, leader de The Doors, nonché una delle più fulgide rockstar di tutti i tempi, icona capace di superare non solo la musica e le canzoni della sua stessa band, ma l’incedere implacabile del tempo. Al punto che oggi, quando la musica imperante è il rap, o quello strano miscuglio di urban e EDM, in tanti sono ancora lì a onorare la memoria del Re Lucertola, scomparso a Parigi, vuole la leggenda morto nella vasca da bagno e scoperto dalla sua compagna. Si parla di leggenda, nel momento stesso in cui si cita la morte di Jim Morrison, perché come è destino di chi è entrato sin da vivo nell’empireo dei simboli dei nostri tempi, a cadavere ancora caldo si è iniziato a parlare di una specie di complotto messo in atto dallo stesso Morrison per poter scomparire dalla vita pubblica e andare altrove a rifarsi una vita in libertà. Decine sono i casi di avvistamenti di un ormai invecchiato Jim in giro per il mondo, da Marrakech, in Marocco, al Messico. Si presume, vista la simile sorte, in compagnia di tutti gli altri artisti scomparsi e entrati nella leggenda, da Elvis Presley a Michael Jackson. Nei fatti, la scalcinata tomba di Morrison, nel cimitero parigino di Père Lachaise, è meta di pellegrinaggi laici come poche altre al mondo. Neanche serve chiedere dove si trovi, basta seguire il flusso di rocker nostalgici o adolescenti che hanno da poco incontrato la sua voce e la sua poesia, o meno poeticamente, basta aguzzare l’olfatto e seguire l’odore pesante di marijuana, sicuramente proveniente dalla tomba, corredata di tutto punto di bottiglie di birra, lettere d’amore e altre amenità.

Del resto la traccia lasciata da Jim Morrison sul pianeta Terra è stata pesante. Figlio di un militare, ha incarnato, forse al di là della sua volontà, la figura del ribelle dotato di talento, arrivando a ergersi come rockstar nonostante una voce non esattamente intonatissima. Suoi punti di forza l’interpretazione, profonda e vividissima, e la sua poesia, regalata a piene mani nei testi dei Doors e poi nei suoi lavori solisti. Non è un caso che, ancora oggi, i libri con i suoi testi continuino a trovarsi nelle librerie di tutto il mondo, anche in Italia, dove la vita media di un libro dura meno di tre mesi. I Doors restano, insieme a Kerouac, Bukowski e pochi altri, una delle tappe fondamentali dell’emancipazione dalla cultura meramente scolastica. Avete presente tutti quel momento in cui si decide di crescere e per farlo ci si avvicina a autori e artisti che in genere riteniamo gli adulti non approverebbero. Per questo oggi, 3 luglio 2015, Jim Morrison, morto a ventisette anni, come Jimi Hendrix, Brian Jones dei Rolling Stones, Janis Joplin, Kurt Cobain e Amy Winehouse, tutti titolari del macabro Clan 27, è più vivo che mai. Spegnete la luce della vostra stanza, mettete sul piatto The End, e lasciatevi trasportare nel regno di Re Lucertola, magari scoprirete di essere vivi anche voi.

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