Cucina

Aceto balsamico, il più antico del mondo si fa nell’azienda Giusti: produzione, caratteristiche e trucchi per riconoscere l’eccellenza

Viene esportato in 50 nazioni ed è stato inserito nel best seller internazionale “101 Things to Buy Before you Die” a fianco di prodotti quali lo Champagne Krug e Crystal, il caviale Beluga e lo Chateau Mouton Rothschild. Le botti utilizzate per produrlo risalgono al Settecento

di Annalisa Dall'Oca
Aceto balsamico, il più antico del mondo si fa nell’azienda Giusti: produzione, caratteristiche e trucchi per riconoscere l’eccellenza

Sull’etichetta è raffigurato lo stemma del re, perché ai tempi della monarchia fu fornitore ufficiale del sovrano d’Italia. Ha visitato la Francia dell’Expo all’epoca della Tour d’Eiffel, la Firenze del 1800, e conquistato medaglie d’oro in giro per tutta la vecchia Europa. E ancora oggi le acetaie Giusti, le più antiche al mondo, preparano il loro aceto balsamico alla maniera di 400 anni fa. “La ricetta nel corso dei secoli si è evoluta, come sempre accade quando parliamo di un prodotto alimentare – racconta Claudio Stefani Giusti, al timone dell’azienda a conduzione familiare – tuttavia il procedimento è lo stesso, e cosa più importante quando si parla di balsamico, le botti utilizzate per produrlo risalgono al 1600, 1700 e 1800”. A differenza del vino, infatti, la botte è la chiave per un aceto balsamico di qualità. Più è vecchia, più il sapore è ricco.

E nel gusto dell’aceto balsamico Giusti, originale di Modena, è racchiuso il lavoro di 17 generazioni. L’azienda, del resto, fu fondata nel 1605 da Giuseppe Giusti, che all’epoca possedeva una salumeria in città, con una piccola collezione di botti e botticelle all’interno delle quali preparava l’aceto balsamico. Poi, nel corso dei secoli, la bottega divenne una cantina, e la cantina una ditta, che già nel 1800 operò la scelta di puntare sull’export. “Complessivamente abbiamo ricevuto 14 medaglie d’oro, conseguite durante le esposizioni nazionali e internazionali di fine Ottocento, tra Firenze, Parigi, Vienna, Bruxelles e tante altre città italiane ed europee – racconta Giusti – e nel 1929 siamo stati scelti come fornitore ufficiale unico della casa reale Savoia, re d’Italia. Ma prima ancora fummo selezionati sia dal Duca di Modena, sia da alcuni Papi della Chiesa romana”.

Successi che ancora oggi sono raccontati attraverso l’etichetta che decora le bottiglie di balsamico Giusti, una composizione liberty divenuta un’icona del settore, tanto da finire esposta in diversi musei di arte contemporanea. E ancor più attraverso il gusto stesso del balsamico, esportato in 50 nazioni e inserito nel best seller internazionale “101 Things to Buy Before you Die” a fianco di prodotti quali lo Champagne Krug e Crystal, il caviale Beluga e lo Chateau Mouton Rothschild.

“C’è un’enorme differenza tra l’aceto balsamico in vendita nei supermercati e quello autentico di Modena – spiega Giusti – un po’ come dire tra un fungo qualsiasi e il tartufo”. Laddove la bottiglia destinata al consumo di massa contiene un’alta percentuale di aceto di vino, e non è soggetta a un particolare invecchiamento, infatti, il balsamico della Ghirlandina, noto ormai in tutto il mondo, è preparato con i mosti migliori, e riposa anche anni all’interno delle botti prima di poter essere degustato.

“Nel nostro caso, il balsamico Igp, il più giovane, nasce dalle uve di sette vitigni – spiega Giusti – che vengono pigiate e cotte a calore controllato e costante, trasformandosi in un mosto profumato, denso e viscoso. A questo si unisce il secondo ingrediente principale, l’aceto di vino, e infine un’aliquota libera di aceto (di vino o balsamico) vecchio almeno 10 anni. La miscela così ottenuta viene invecchiata in botti di legno per un tempo non inferiore ai due mesi. Nei limiti di queste regole, poi, è possibile creare aceti balsamici di Modena Igp di qualità assai diverse fra loro, variando qualità e percentuale degli ingredienti, tipologia dei legni e tempo di invecchiamento”.

Ancor più pregiato è il balsamico Dop, prodotto con i vitigni di Lambrusco, Ancellotta, Trebbiano, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta, le cui uve vengono raccolte quando il rapporto tra zuccheri e acidità è più alto, e pigiate con il metodo “soffice” per non rompere i graspi amari. Il giorno stesso il succo dell’uva viene cotto a fuoco diretto e a vaso aperto, e una volta concentrato del 30-50%, viene messo a riposare in una botte chiamata “badessa”. “Solo dopo un anno, il mosto sarà acetificato e pronto per essere travasato nelle botticelle dell’acetaia per l’invecchiamento. Ogni anno, secondo l’antico metodo dei rincalzi e dei travasi, quindi, si pone rimedio al calo naturale dovuto all’evaporazione rincalzando la botticella più piccola della batteria con l’aceto della precedente, e così a salire fino all’ultima, che va rabboccata con il mosto acetificato della badessa. Un procedimento che arricchisce il gusto del nostro aceto con il sapore dell’antica tradizione”. E che richiede non meno di 12 anni per l’Affinato, e più di 25 per l’Extravecchio.

“E’ un processo che necessita di cura e devozione – racconta Giusti – che noi tramandiamo sia attraverso la nostra attività di produzione, sia raccontandone la storia”. Da 10 a capo dell’azienda, Claudio Stefani Giusti, 43 anni, ha infatti trasformato le antiche acetaie in una vera e propria culla del balsamico. Così il Gran Deposito di Lesignana ospita serate, concerti, pièce teatrali, collabora con le scuole dell’Emilia Romagna e organizza laboratori per bambini, ai quali si racconta il metodo più antico, e una ricetta vecchia di 400 anni. “E’ una tradizione preziosa, legata alla nostra terra, alla nostra città, che merita di essere conosciuta in Italia e nel mondo”.

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