Nella provincia bresciana, per l’esattezza a Rovato, da anni fa Politica Beppe Corioni, ora pensionato dopo una vita passata a fare l’operaio, sempre pronto a combattere, anche all’interno dello stesso sindacato, quando le cose non erano come avrebbero dovuto essere. Sempre in prima fila alle manifestazioni a insultare gli sbirri, ma pronto a riconoscere che, anche tra di loro, ci sono dei ‘buoni cristi’. Generoso e pratico, tanto da accollarsi situazioni di estremi disagi sociali e, da un po’ di anni, anima del Comitato antisfratti, diritto alla casa che porta avanti battaglie serie con risultati seri, che ‘quelli della politica’ neppure si sognano.
La casa di Beppe è il ‘Centro sociale 28 maggio’, non una data a caso, ma il giorno della strage di piazza della Loggia a Brescia. Il Centro è un esempio di vera Politica sin dalle sue origini: quote popolari per l’acquisto e i tanti lavori fatti per rendere agibile quel luogo in cui si organizzano incontri pubblici, dibattiti, cene. Dove gli amici portano ciò di cui c’è bisogno quando qualcuno perde il lavoro o una famiglia deve affrontare delle difficoltà a causa della crisi. La casa di Beppe, e degli altri compagni, è davvero un luogo aperto nel senso della Politica, per la quale Beppe si incendia sempre ogni volta che se ne parla. Mentre ‘quelli della politica’ si arrabattano ad inventarsi come mantenere lo scranno sul quale siedono, sempre più persone scelgono di porre fine alla loro situazioni di non-vita.
Vorrei condividere con quanti seguono questo mio blog la riflessione che ha scritto e mi ha inviato Beppe Corioni.
“Quasi ogni giorno lottiamo per arginare il dramma degli sfratti e questa mattina mentre andavamo a bloccare i quattro sfratti che avevamo in calendario, ci ha preso come un pugno nello stomaco, ci ha gelato di sconforto… sapere dai giornali che una coppia di 51 e 59 anni si sono suicidati insieme: lui è morto, lei è in fin di vita. Abitavano a Nuvolento, lui disoccupato da un paio di anni. La busta dello sfratto esecutivo in cucina, sui comodini i biglietti d’addio scritti ai parenti. La suocera, accudita dalla donna, con la sua pensione aveva tamponato i problemi economici della coppia ma ora, dopo la sua morte, il dramma dell’indigenza come uno spettro si aggirava in casa.
La vergogna per i debiti insopportabile – le prime richieste d’aiuto alla Caritas – la disperazione di non trovare vie d’uscita, l’umiliazione per essere entrati a far parte della categoria dei ‘miserabili’. Questa la situazione vista con gli occhi delle vittime.
Eppure per molti che guardano dall’alto l’immensità della lotta anticapitalista, è cosa infima il blocco di uno sfratto, eppure è un soffio di speranza e di energia nella condizione materiale dello sfrattato. E’ la presa di coscienza sua e di ogni altro solidale resistente che non si può dare alcuna fiducia ai meccanismi ordinatori di questo sistema. E’ la certezza che l’unica via da seguire è quella del conflitto; oggi per il diritto alla casa; domani, per ogni altro diritto messo in discussione e inscindibilmente legato alla condizione umana.
“Non sempre una norma di legge è legittima”. Forse il blocco dello sfratto poteva salvare loro la vita, forse attraverso la lotta si riacquista la solidarietà, il senso di appartenenza, la condivisione con gli altri sventurati che sono caduti nel vortice della povertà, prendendo coscienza che non c’è nulla che non va in una vittima, individuando nel sistema con i suoi vampiri il vero colpevole.
Noi non vogliamo che gli sfratti si trasformino in statistica, noi del Comitato antisfratti diritto alla casa pensiamo che debbano nascere sempre più comitati e che ogni sfratto sia lo sfratto della dignità di una famiglia con la sua storia le sue delusioni e le sue speranze.
Pertanto ci rivolgiamo a tutte le compagne e compagni: la situazione si sta sempre più aggravando, il vuoto istituzionale è sempre più evidente, la crisi mette in luce l’importanza di ammortizzatori sociali che invece sono in via di totale smantellamento, si parla di povertà e non si vede la miseria dietro l’angolo, siamo ormai solo nuda vita, e questo è il dramma di una società che perde le sue fondamenta e vive sfaldandosi sotto i nostri occhi.
Dobbiamo attivarci e partecipare in massa al blocco degli sfratti per morosità incolpevole; questo dovrebbe essere non un semplice impegno, ma una scelta di vita di tutti noi, perché solo attraverso i bisogni e la necessità che parte dal basso si costruisce la lotta di classe, quella che incide più di tutte sul terreno delle contraddizioni del capitale.