IL presidente dell'associazione dei familiari delle vittime: “Chiedere conto al governo non vuol mica dire fischiare, o dare pugni in faccia. Io chiederò solo perché due anni fa venne il ministro Graziano Delrio e disse che a settembre sarebbe stato fatto tutto sulla questione dei risarcimenti, ma ancora oggi non è stato fatto nulla”
“Chiedere conto al governo non vuol mica dire fischiare, o dare pugni in faccia. Io chiederò solo perché due anni fa venne il ministro Graziano Delrio e disse che a settembre sarebbe stato fatto tutto sulla questione dei risarcimenti, ma ancora oggi non è stato fatto nulla”. Manca poco meno di un mese al 35° anniversario della strage alla stazione di Bologna, che il 2 agosto 1980 fece 85 morti e centinaia di feriti. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari e deputato eletto nelle file del Partito democratico, ha già annunciato che contesterà al governo, a quello attuale e a quelli precedenti, anni di promesse mai mantenute. Intanto, pochi giorni fa, un dossier preparato in questi anni dalla stessa associazione è stato consegnato alla Procura della Repubblica di Bologna, che da tempo indaga sui mandanti di quell’eccidio – la più grave strage in tempo di pace mai avvenuta in Italia. Come esecutori materiali da tempo sono stati condannati Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti, entrambi appartenenti all’organizzazione neofascista dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari.
Presidente Bolognesi, che cosa c’è di nuovo in questo dossier che presentate ai pm?
Abbiamo ricostruito, dal 1974 e anche da prima, tutti i collegamenti che ci sono per arrivare ai mandanti. Uno dei grandi errori infatti che sono stati fatti in Italia nell’ambito della storia dello stragismo è che si studiava strage per strage. Non si mettevano mai insieme, per esempio, fatti di mafia e fatti di terrorismo. Noi oggi facciamo anche questo confronto, mettendo assieme contesti in cui ci sono i soliti personaggi che girano e hanno collegamernti con questo o quest’altro. Non puoi parlare della strage di Bologna da sola o di quella di piazza della Loggia a Brescia da sola. C’è dietro un disegno unitario, comprovato dalle carte dei processi.
Nel vostro dossier, oltre ai legami tra le stragi “politiche”, rispolverate la vicenda dell’omicidio di Piersanti Mattarella, il presidente del consiglio regionale siciliano appartenente alla Dc e fratello dell’attuale Capo dello stato, freddato a Palermo il 6 gennaio 1980. Un processo nel quale Giusva Fioravanti, che era accusato di avere sparato, fu assolto in tutti i gradi di giudizio
Sì, la moglie di Mattarella tuttavia riconobbe in Fioravanti l’esecutore materiale dell’omicidio di suo marito, e questo bisogna sempre ricordarselo. Alcune cose non furono analizzate in quel processo. C’è per esempio la questione delle targhe. La Fiat 127 che servì per trasportare gli esecutori del delitto aveva una targa falsa: questa era formata da due metà di targhe diverse. Pezzi mancanti di quelle targhe sono stati trovati in un covo dei Nar e i frequentatori di quel covo sapevano in anticipo della strage di Bologna. Insomma non era una idea peregrina quando si sosteneva che quel delitto fosse stato appaltato dalla mafia ai Nar. Del resto Piersanti Mattarella non voleva solo sconfiggere la mafia, voleva anche portare avanti la politica di Aldo Moro.
Torniamo a oggi e alle prossime celebrazioni per il 35° della strage. Lei ha già promesso che al governo non le manderà a dire. Ci sono stati problemi per i risarcimenti, è così?
Sì. L’ultimo esempio: con alcune misure dell’ultima legge di stabilità il denaro per gli indennizzi è stato messo a disposizione, ma l’Inps da mesi non applica queste misure e i soldi sono bloccati. Il due agosto chiederemo conto in maniera molto stringente, perché le cose promesse dal 2013, eccetto i soldi per i vitalizi, non sono state portate a compimento.
A che punto è l’iter per il reato di depistaggio?
Non vi dico la fatica per approvarlo alla Camera. Ora c’è la promessa di approvarlo in Senato entro il prossimo 2 agosto, ma sembra che la legge si sia impelagata a Palazzo Madama.
Il governo Renzi però non aveva aperto gli armadi e desecretato i documenti?
La cosiddetta direttiva Renzi sulla desecretazione degli atti l’abbiamo apprezzata, ma è stata applicata malissimo. Un esempio? Al ministero degli Esteri ci hanno detto che siccome non c’è un faldone con la dicitura Strage di Bologna o Strage di Brescia, allora non ci danno niente. E quindi tutti i rapporti dei bombaroli coi colonnelli greci o con la Spagna di Franco e il Portogallo, e con l’America latina dove li cerchiamo? Perché queste cose non ce le fanno vedere? Al ministero dell’Interno hanno detto invece che avrebbero dovuto fare la preselezione. Ma ci rendiamo conto? Si liberino di quella roba che finalmente andremo ad analizzare.