Sulla vicenda Tirrenia, e sul monopolio che si potrebbe creare sulle rotte marittime tirreniche con il passaggio dell’ex compagnia pubblica sotto il controllo esclusivo dell’armatore napoletano Vincenzo Onorato, l’Antitrust non ha dimenticato di intervenire: lo farà nei modi e nei tempi previsti dalla legge, che almeno per il momento – precisa la stessa Authority – non sono ancora arrivati.

Dopo la privatizzazione del 2012, quando la cordata Cin (Compagnia Italiana di Navigazione) acquisì dallo Stato la Tirrenia, i rapporti interni tra i nuovi azionisti – Onorato (40%), il fondo d’investimenti Clessidra di Claudio Sposito (35%), l’imprenditore genovese Luigi Negri (15%) e la società napoletana Shipping Investment (10%) – iniziarono subito ad incrinarsi, con la sempre più marcata contrapposizione tra Onorato e Clessidra. Dopo una serie di accuse incrociate e ricorsi in tribunale, si è arrivati oggi ad una sorta di accordo: l’armatore campano, azionista di maggioranza relativa di Cin, ha tempo fino al 30 settembre (inizialmente la scadenza era prevista per la fine di giugno, poi è stata prorogata) per reperire i fondi necessari a rilevare tutte le altre quote di minoranza di Tirrenia e contestualmente anche la rilevante partecipazione che Clessidra ancora detiene in Moby, la compagnia marittima fondata e controllata dalla famiglia Onorato, anch’essa attiva nei collegamenti sul tra Sardegna e continente.

Secondo le ultime indiscrezioni circolate sulla stampa finanziaria, Onorato avrebbe ormai raggiunto un accordo di massima con il fondo d’investimenti americano Och-Ziff, disposto a garantire all’armatore i 100 milioni di euro necessari a portare a compimento il doppio deal e salire così al 100 per cento di Tirrenia e di Moby. Una corsa contro il tempo, poiché se l’operazione non dovesse concretizzarsi entro la fine di settembre, automaticamente Clessidra potrebbe esercitare il diritto di vendere a terze parti (presumibilmente dopo un’asta o un bando di gara) l’intero capitale di Cin Tirrenia. Onorato sembra però sulla buona strada per chiudere il take-over già nelle prossime settimane, e a questo punto si apre un altro interrogativo: il controllo congiunto delle due principali compagnie attive nei collegamenti marittimi tra Sardegna e continente, Moby e Tirrenia, renderebbe l’armatore partenopeo un monopolista?

Molti ne sono convinti e hanno commentato con stupore l’attuale silenzio dell’Antitrust, mentre secondo altri (tra cui l’assessore ai Trasporti della Regione Sardegna Massimo Deiana) l’Autorità garante per la concorrenza non potrebbe intervenire poiché l’operazione non supererebbe le soglie economiche per giustificare un’indagine preventiva. Due teorie, quella del silenzio “colpevole” e quella dell’impossibilità di intervenire, entrambe seccamente smentite dallo stesso ente di garanzia, che spazza via ogni dubbio sulla propria condotta.

L’Antitrust al momento non è intervenuta solamente perché – spiega un suo portavoce – non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione riguardante l’operazione di concentrazione tra Tirrenia e Moby. Comunicazione preventiva che è obbligatoria nei casi in cui il fatturato aggregato delle imprese protagoniste del deal sia superiore a 490 milioni di euro e contemporaneamente l’impresa obiettivo della concentrazione (quindi quella che viene acquisita) abbia da sola un fatturato superiore ai 49 milioni di euro. Soglie che – sempre secondo il portavoce dell’Antitrust – nell’operazione in questione verranno probabilmente superate.

Per il momento, quindi, l’Agcm è in attesa di questa comunicazione preventiva: quando la riceverà avrà 30 giorni di tempo per decidere se aprire o meno un’istruttoria, che a sua volta potrà durare un massimo di 45 giorni e concludersi con 3 diversi esiti. Il primo è il nulla osta, nel caso non sussistano rischi di monopolio o eccessiva restrizione della concorrenza, il secondo è un divieto totale mentre il terzo prevede un parere favorevole subordinato però al rispetto di alcune condizioni, stabilite dalla stessa Antitrust e mirate proprio a prevenire pratiche anticoncorrenziali. In caso poi le società coinvolte non dovessero rispettare l’esito di un’eventuale indagine, l’Authority può comminare una sanzione pecuniaria di entità compresa tra l’1% e il 10% del fatturato dell’impresa oggetto di concentrazione.

Una cifra rilevante considerando che Tirrenia nel 2014 – secondo i dati di bilancio nettamente positivi, comunicati ufficialmente nei giorni scorsi – ha totalizzato un fatturato di 348 milioni di euro (compresi i 72 milioni che ogni anno la società riceve dallo Stato a copertura dei servizi operati in Convenzione), in crescita del 6% rispetto al 2013. Bene anche le movimentazioni, con 1,9 milioni di passeggeri (+7,6%) e 3,6 milioni di metri lineari di carichi rotabili come camion e semirimorchi (+8,4%), mentre è letteralmente schizzato l’utile netto di esercizio, passato da 1,4 milioni di euro del 2013 a 19,4 milioni di euro nel 2014, anche grazie a enormi risparmi nella spesa per il carburante calata di 14 milioni su base annua.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Grecia alla vigilia del referendum: dalla disinformazione alle false prospettive. E se mancasse il quorum?

next
Articolo Successivo

Carige, chi erano i clienti eccellenti della fiduciaria della banca sotto inchiesta

next