In sei reportage televisivi, il giornalista spagnolo David Beriain racconta il viaggio nelle foreste controllate dai narcotrafficanti per incontrare coltivatori, produttori, chimici e piloti, pesci piccoli della lunga catena di un traffico che per molti è pura sopravvivenza
C’è una valle del Perù che si chiama Vrae dove in 200mila ettari di terreno, un’area più o meno equivalente a 20mila campi di calcio, si produce il 20% della cocaina mondiale, pari a 200 tonnellate l’anno, e il narcotraffico è la principale fonte di sostentamento della popolazione: qui non solo vivono gli uomini che la distribuiscono in tutto il mondo diventando ricchi e potenti, ma tutti, indistintamente, ne dipendono, direttamente o indirettamente, per la sola sopravvivenza. Inizia da qui il viaggio del reporter spagnolo David Beriain alla scoperta dell’attività più redditizia e al tempo stesso più pericolosa del mondo, che racconta in Amazzonia Criminale, da lunedì 6 luglio alle 23.05 in prima assoluta e in esclusiva su Deejay Tv: sei reportage girati tra Perù, Ecuador, Bolivia, Colombia, Venezuela e Brasile in presa diretta da Beriain, famoso in patria per le sue testimonianze dalle zone di guerra. E anche quella della cocaina lo è, dice, costata tanto sangue come nessun’altra guerra in tutto il mondo. Un viaggio tra luoghi che nessuno è mai riuscito a violare, incontrando i diretti protagonisti del processo di produzione della cocaina e raccontando le contraddizioni di un’Amazzonia contemporanea dove lo Stato, minacciando di distruggere le coltivazioni e opponendosi al traffico illegale di droga, rischia al tempo stesso l’estinzione di un popolo.
Vrae ci appare come una valle senza legge, anche nella sua costituzione fisica: il paesaggio è duro, la montagna frana di continuo sotto la pioggia, lungo il cammino sempre più difficoltoso è facile imbattersi in carovane di veicoli fermi e fuori, ad aspettare che qualcuno liberi il sentiero, gruppi di donne con i loro bagagli e i bambini tra le braccia. E se non lo fa la natura, ci pensano i gruppi locali di criminali armati a interrompere la strada con un tronco d’albero e a rapinare i viaggiatori. Qui sia la terra che la sua gente sono sfruttate fino all’osso. “Non faccio parte del narcotraffico” si difende la ragazza che per staccare le foglie di coca dalla pianta riempendosi le mani di vesciche e venderle, guadagna circa 500 dollari l’anno. “ È solo per sopravvivere e per mantenere i nostri figli – aggiunge un uomo – una delle mie se n’è andata all’estero perché non potevo provvedere a lei e non ho potuto fermarla”.
Nel cuore della Vrae c’è una città che si chiama San Francisco ed è qui che tra immense piantagioni di coca e un forte odore nell’aria, le foglie appena colte subiscono il primo trattamento: in mezzo alla giungla un ragazzo, che per ovvie ragioni preferisce non mostrare il volto e neanche rivelare il suo nome, le pesta con i piedi in un pantano come si fa con l’uva per fare il vino, anzi “le massaggia”, precisa, aggiungendo poi sale e candeggina che fanno rilasciare l’alcaloide, e poi la benzina che le fa coagulare, “come il formaggio cagliato che poi togli il latte” spiega, infine un po’ di calce e la pasta base è pronta. Lui ci guadagna solo 800 dollari, i soldi veri, rivela, li fanno i pezzi grossi che la comprano, ma “senza questa, qui non c’è vita”, dice. Per questo la gente resiste ai blitz dell’esercito, d’altronde è tosta e armata e ad insegnarle a combattere ci hanno pensato i guerriglieri di Sendero Luminoso che per trent’anni l’hanno massacrata, racconta Delio dei Comitati di autodifesa dei campesinos della città di Mantaro, che li ha visti dar fuoco al padre e sgozzare il nipote, ed è solo grazie alla droga che lui e gli altri si sono potuti organizzare per difendersi.
Così è per il chimico che alla pasta base che riceve aggiunge ancora alcol, ne fa una specie di polpette che scioglie di nuovo, ci mette il benzene, le passa e le pressa: gli danno 10 dollari al chilo, ma lui è contento anche se il valore di mercato è di 30mila euro al chilo, perché voleva fare lo chef e soddisfatto dice: “è venuta bene, è brillante, vedi?”.
La catena è perfetta, ognuno fa il suo, ma se sbagli ti tagliano la gola. Per questo ci sono i sicari, come Gato: “Uccidere è facile”, racconta con il volto coperto e gli occhi spalancati, il suo primo omicidio a 16 anni litigando per una ragazza, poi l’ingaggio a commissione per far fuori chi non obbedisce al capo: “Chi tradisce gli tagliano i piedi e poi lo bruciano vivo nella giungla”. Ogni volta prende 2mila dollari, ma la notte ha gli incubi e sogna la gente che ha ammazzato. Poi la droga parte per il suo viaggio pericoloso e mortale su velivoli improvvisati. Alla frontiera tra Perù e Bolivia si concentra la guerra tra narcos e autorità. “Mi danno 30mila dollari per ogni trasporto – racconta un pilota – a volte i militari mi sparano contro, ho sempre paura che mi arrestino, dei giorni penso ‘o smetto o mi ammazzo’, ma mi protegge San Miguel”.