Sette operai dell’impianto siderurgico Marcegaglia Buildtech di Sesto San Giovanni (Milano) minacciano di buttarsi giù dal tetto dell’azienda, dove sono saliti il 1° luglio in segno di protesta contro il “pianino aziendale” del gruppo Marcegaglia, che prevede l’accorpamento (quindi la chiusura) dello stabilimento milanese con quello di Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria. In sintesi: trasferimento o licenziamento. Sono tutti legati a delle funi e uno di loro è in sciopero della fame da cinque giorni. “Uno di loro, un padre di famiglia, sta con in mano un coltello e minaccia di tagliare l’imbragatura con cui si è legato – racconta Massimiliano Murgo, delegato della Fiom in Marcegaglia che partecipa alla protesta – Un altro è in sciopero della fame e con il caldo potrebbe avere un malore da un momento all’altro. La situazione è tesa al limite, e fra di loro c’è anche un dipendente con un tumore al cervello: l’azienda dovrebbe ascoltarci invece che spingerci a questi atti drammatici. Noi vogliamo solo che sia rispettata la nostra dignità lavorativa”. Sul posto quattro furgoni della polizia e agenti della Digos.
Oltre agli operai sul tetto, ci sono anche alcuni colleghi che stanno manifestando davanti ai cancelli dello stabilimento, in segno di solidarietà. “Il capo del personale su indicazione del capo di produzione ha chiesto alla polizia di forzare il presidio e di far entrare in fabbrica i lavoratori esterni”, spiegano. “L’azienda ha detto che non tratta e tratterà solo se molliamo il presidio – continua Murgo – Ma se molliamo cosa trattiamo? Intanto il capo del personale ride e chiacchiera allegramente con due funzionari della Digos mentre là sopra dei padri di famiglia minacciano di togliersi la vita. Se dovessimo lasciare il presidio perderemmo anche l’ultima speranza“.