Abolire il valore legale della laurea avrebbe un senso; e già Luigi Einaudi lo proponeva nell’immediato dopoguerra. La trovata di tenere conto della sede di laurea nei concorsi della Pubblica amministrazione è invece un modesto palliativo. La crisi dell’istruzione universitaria italiana si può affrontare con una terapia sistemica oppure curando qualcuno dei sintomi più fastidiosi. Se il buon giorno si vede dal mattino, chi ci comanda sembra orientato a scegliere il secondo dei due percorsi: un po’ di aspirina e, dopo le sparate sulle università che «fanno schifo», anche un cucchiaio di olio di ricino. Dopo la riscoperta di Snoopy contro il Barone Rosso, siamo alle ricette del dottor Salasso.
Laurearsi a Harvard è un po’ diverso che farlo alla University of Tulsa, così come insegnare a Harvard non è la stessa cosa che farlo a Tulsa. E non ho nulla contro Tulsa, Oklahoma, la città che conserva il più importante art déco degli Stati Uniti, ma a Harvard hanno studiato sette futuri presidenti. Bisogna sancirlo per legge?
Non c’è dubbio che, in Italia come in qualunque altra nazione, il ventaglio dei voti di laurea sia molto diverso tra una sede e l’altra; e tenda a penalizzare i giovani laureati delle sedi ‘a manica stretta’ se il voto è un fattore decisivo. In qualche caso la ‘manica larga’ è diventata anche un fattore competitivo tra sedi universitarie, a causa della caduta verticale delle iscrizioni. L’ordinamento 3+2, introdotto nel nuovo millennio, ha pure aumentato la varietà e la diversità delle valutazioni di merito, in tutta Europa. La proliferazione delle lauree ha creato un guazzabuglio di titoli nel quale non è sempre facile districarsi.
Talvolta mi chiedo se abbia ancora senso una scala ‘finissima’ come il voto in trentesimi dei singoli esami e il punteggio finale in 110esimi. L’Europa ha una varietà stupefacente di scale di valutazione. In Germania ci sono sei gradazioni: in ordine decrescente vanno da sehr gut (1, molto buono) a befriedigend (tra 2,4 e 2,9, soddisfacente, la performance media) fino a ungenügend (6, insufficiente). In Francia le gradazioni sono 20, in linea teorica. Di regola, a livello europeo si normalizzano le diverse scale secondo 5 classi di esiti positivi, da A (eccellente) a E (sufficiente). Una norma che si fosse adeguata a questa scala sarebbe stata forse più ragionevole.
L’ultima riforma organica e razionale dell’università italiana fu la Legge 382 del 1980, scarnificata nei 35 anni successivi da una serie di ‘svolte’ non proprio buone: leggi e decreti sempre meno organici, razionali e democratici; e sempre più contorti, perfino nel lessico. Non si sottrae a questa sorte il testo dell’emendamento incriminato, che prevede il “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso ai concorsi e possibilità di valutarlo (ndr: il voto di laurea) in rapporto a fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato e al voto medio di classi omogenee di studenti”. Da cultore della statistica mi son chiesto: “Perché medio e non mediano?” e sono curioso di conoscere come saranno declinati questi ‘fattori’ dalla commissione di un concorso dell’Azienda Sanitaria Locale di Levantopoli e identificate le ‘classi omogenee di studenti’ per essere assunti dal comune di Venturia.
L’unica soluzione sarebbe il ricorso a un sistema internazionale indipendente come il QS Worldwide university ranking, al quale collaboro volentieri per la sua semplicità e chiarezza, a differenza della nevrosi che provocano i sistemi cervellotici e burocratici messi in piedi da noi negli ultimi anni. Peccato che QS classifichi solo 27 università italiane in tutto, 5 delle quali oltre il posto 700, un po’ come i ciclisti che arrivano nel gruppo di coda. Tutte le altre sono fuori tempo massimo.
A prima vista questa norma fa cadere sui figli i peccati dei padri: lo sfascio del sistema universitario italiano le cui regole avrebbero impedito ad Aristotele di insegnare ad Atene e a Tommaso d’Aquino a Parigi, come scrisse Piero Villaggio quando fu presa una delle tante ‘svolte buone’, quella che passa sotto il nome dell’allora ministro Luigi Berlinguer. Vabbè, la nuova regola complicherà un po’ la vita alle commissioni di concorso della Pubblica Amministrazione, note nel mondo per la loro imparzialità e trasparenza. Ma solo un po’…
Renzo Rosso
Idraulico insigne
Scuola - 6 Luglio 2015
Riforma Pa, dimmi dove ti laurei e ti dirò che fine farai
Abolire il valore legale della laurea avrebbe un senso; e già Luigi Einaudi lo proponeva nell’immediato dopoguerra. La trovata di tenere conto della sede di laurea nei concorsi della Pubblica amministrazione è invece un modesto palliativo. La crisi dell’istruzione universitaria italiana si può affrontare con una terapia sistemica oppure curando qualcuno dei sintomi più fastidiosi. Se il buon giorno si vede dal mattino, chi ci comanda sembra orientato a scegliere il secondo dei due percorsi: un po’ di aspirina e, dopo le sparate sulle università che «fanno schifo», anche un cucchiaio di olio di ricino. Dopo la riscoperta di Snoopy contro il Barone Rosso, siamo alle ricette del dottor Salasso.
Laurearsi a Harvard è un po’ diverso che farlo alla University of Tulsa, così come insegnare a Harvard non è la stessa cosa che farlo a Tulsa. E non ho nulla contro Tulsa, Oklahoma, la città che conserva il più importante art déco degli Stati Uniti, ma a Harvard hanno studiato sette futuri presidenti. Bisogna sancirlo per legge?
Non c’è dubbio che, in Italia come in qualunque altra nazione, il ventaglio dei voti di laurea sia molto diverso tra una sede e l’altra; e tenda a penalizzare i giovani laureati delle sedi ‘a manica stretta’ se il voto è un fattore decisivo. In qualche caso la ‘manica larga’ è diventata anche un fattore competitivo tra sedi universitarie, a causa della caduta verticale delle iscrizioni. L’ordinamento 3+2, introdotto nel nuovo millennio, ha pure aumentato la varietà e la diversità delle valutazioni di merito, in tutta Europa. La proliferazione delle lauree ha creato un guazzabuglio di titoli nel quale non è sempre facile districarsi.
Talvolta mi chiedo se abbia ancora senso una scala ‘finissima’ come il voto in trentesimi dei singoli esami e il punteggio finale in 110esimi. L’Europa ha una varietà stupefacente di scale di valutazione. In Germania ci sono sei gradazioni: in ordine decrescente vanno da sehr gut (1, molto buono) a befriedigend (tra 2,4 e 2,9, soddisfacente, la performance media) fino a ungenügend (6, insufficiente). In Francia le gradazioni sono 20, in linea teorica. Di regola, a livello europeo si normalizzano le diverse scale secondo 5 classi di esiti positivi, da A (eccellente) a E (sufficiente). Una norma che si fosse adeguata a questa scala sarebbe stata forse più ragionevole.
L’ultima riforma organica e razionale dell’università italiana fu la Legge 382 del 1980, scarnificata nei 35 anni successivi da una serie di ‘svolte’ non proprio buone: leggi e decreti sempre meno organici, razionali e democratici; e sempre più contorti, perfino nel lessico. Non si sottrae a questa sorte il testo dell’emendamento incriminato, che prevede il “superamento del mero voto minimo di laurea quale requisito per l’accesso ai concorsi e possibilità di valutarlo (ndr: il voto di laurea) in rapporto a fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato e al voto medio di classi omogenee di studenti”. Da cultore della statistica mi son chiesto: “Perché medio e non mediano?” e sono curioso di conoscere come saranno declinati questi ‘fattori’ dalla commissione di un concorso dell’Azienda Sanitaria Locale di Levantopoli e identificate le ‘classi omogenee di studenti’ per essere assunti dal comune di Venturia.
L’unica soluzione sarebbe il ricorso a un sistema internazionale indipendente come il QS Worldwide university ranking, al quale collaboro volentieri per la sua semplicità e chiarezza, a differenza della nevrosi che provocano i sistemi cervellotici e burocratici messi in piedi da noi negli ultimi anni. Peccato che QS classifichi solo 27 università italiane in tutto, 5 delle quali oltre il posto 700, un po’ come i ciclisti che arrivano nel gruppo di coda. Tutte le altre sono fuori tempo massimo.
A prima vista questa norma fa cadere sui figli i peccati dei padri: lo sfascio del sistema universitario italiano le cui regole avrebbero impedito ad Aristotele di insegnare ad Atene e a Tommaso d’Aquino a Parigi, come scrisse Piero Villaggio quando fu presa una delle tante ‘svolte buone’, quella che passa sotto il nome dell’allora ministro Luigi Berlinguer. Vabbè, la nuova regola complicherà un po’ la vita alle commissioni di concorso della Pubblica Amministrazione, note nel mondo per la loro imparzialità e trasparenza. Ma solo un po’…
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(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Standing ovation dalla platea della convention Cpac a Washington al termine dell'intervento video della premier Giorgia Meloni. Un intervento nel quale la presidente del Consiglio ha richiamato valori e temi che uniscono conservatori europei e americani, a partire dalla difesa dei confini, ribadendo la solidità del legame tra Usa e Ue. "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno".
"So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta. Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente", ha affermato la premier.
La presidente Meloni ha fatto un passaggio sull'Ucraina ribadendo "la brutale aggressione" subito dal popolo ucraino e confidando nella collaborazione con gli Usa per raggiungere una "pace giusta e duratura" che, ha sottolineato, "può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Le "elite di sinistra" si sono "recentemente indignate per il discorso di JD Vance a Monaco in cui il vicepresidente ha giustamente affermato che prima di discutere di sicurezza, dobbiamo sapere cosa stiamo difendendo. Non stava parlando di tariffe o bilance commerciali su cui ognuno difenderà i propri interessi preservando la nostra amicizia". Mo ha sottolineato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Cpac.
"Il vicepresidente Vance stava discutendo di identità, democrazia, libertà di parola. In breve, il ruolo storico e la missione dell'Europa. Molti hanno finto di essere indignati, invocando l'orgoglio europeo contro un americano che osa farci la predica. Ma lasciate che ve lo dica io, da persona orgogliosa di essere europea - ha detto ancora - Innanzitutto, se coloro che si sono indignati avessero mostrato lo stesso orgoglio quando l'Europa ha perso la sua autonomia strategica, legando la sua economia a regimi autocratici, o quando i confini europei e il nostro stile di vita sono stati minacciati dall'immigrazione illegale di massa, ora vivremmo in un'Europa più forte".
(Adnkronos) - "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno. So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta".
"Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "So che con Donald Trump alla guida degli Stati Uniti, non vedremo mai più il disastro che abbiamo visto in Afghanistan quattro anni fa. Quindi sicurezza delle frontiere, sicurezza delle frontiere, sicurezza energetica, sicurezza economica, sicurezza alimentare, difesa e sicurezza nazionale per una semplice ragione. Se non sei sicuro, non sei libero". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "C'è una crescente consapevolezza. C'è una crescente consapevolezza in Europa che la sicurezza è ora la massima priorità. Non puoi difendere la tua libertà se non hai i mezzi o il coraggio per farlo. La felicità dipende dalla libertà e la libertà dipende dal coraggio. Lo abbiamo dimostrato quando abbiamo fermato le invasioni, conquistato le nostre indipendenze e rovesciato i dittatori". Così la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
"E lo abbiamo fatto insieme negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo orgoglioso combatte per la propria libertà contro un'aggressione brutale. E dobbiamo continuare oggi a lavorare insieme per una pace giusta e duratura. Una pace che può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".