Più cani di quanti ne poteva ospitare, condizioni igienico-sanitarie precarie nei box e una porzione di ricoveri abusiva. Così per il canile di Brindisi sono scattati i sigilli, imposti dopo un controllo effettuato dai carabinieri del Nas di Taranto e dal servizio veterinario del dipartimento di prevenzione della Asl brindisina. La storia del canile comunale del capoluogo pugliese si arricchisce di una nuova puntata, dopo le denunce di numerosi giornali – tra cui ilfattoquotidiano.it – che si erano occupati delle disastrose condizioni nelle quali vivono i circa 600 ospiti della struttura.
L’operazione del 6 luglio dei carabinieri e dei veterinari cristallizza una situazione che negli scorsi mesi aveva portato a esposti in procura, revoche dell’appalto, denunce delle associazioni animaliste, interrogazioni in consiglio comunale e in parlamento e sulla quale sono attualmente in corso quattro inchieste della magistratura. A gennaio il Comune aveva diffidato le due aziende che si occupavano della gestione perché alcune analisi sulla qualità dell’acqua usata per pulire i box sarebbero state falsificate. E le associazioni animaliste, già nei mesi precedenti, avevano chiesto di poter accedere quotidianamente alla struttura per collaborare all’assistenza ai cani, che a loro avviso presentavano evidenti segni di maltrattamento e all’uscita dal canile “patologie renali si teme dovute a una possibile alta concentrazione di sale nell’acqua distribuita”.
Una sponda era arrivata anche da cinque consiglieri comunali che avevano chiesto al sindaco Cosimo Consales di fugare ogni dubbio sulle “oggettive condizioni di magrezza (dei cani, nda) che non parrebbe dovuta semplicemente a patologie eventualmente non curate in quanto vi sono evidenze di considerevole aumento di peso in pochi giorni, pur in presenza di patologie varie, di animali andati in adozione”. Ma a sei mesi di distanza il capogruppo dell’opposizione Mauro D’Attis tuona: “Non abbiamo mai ottenuto risposta”.
Le pessime condizioni della struttura erano state riscontrate anche da ilfattoquotidiano.it che lo scorso 27 gennaio aveva avuto accesso alla struttura, constatando le accuse avanzate dall’Ugda, il comitato per l’istituzione di un garante per dei diritti degli animali, che aveva denunciato le condizioni di vita degli animali: “Fermi sul cemento spesso anche bagnato in seguito al maltempo o all’opera dei pulizia dei box . L’assenza di cucce e pedane, dove i cani possano ritirarsi, potrebbe configurare il reato di maltrattamento”.
A fine febbraio il Comune ha avviato il procedimento per stracciare il contratto con le due società – Brunda srl e cooperativa Terraviva – che dal novembre 2013 ‘curavano’ il canile per “inadempimenti e malafede” e per non aver “fatto seguire interventi concreti” alle contestazioni avanzate nei mesi precedenti. Ora arrivano i carabinieri, secondo cui le responsabilità sulle condizioni di vita dei 596 ospiti potrebbero essere sia delle due imprese operanti nella struttura che del Comune, in quanto proprietario e quindi delegato alla manutenzione ordinaria e straordinaria.