Camicia bianca e pantaloni neri. Si appoggia alle stampelle. Il Parkinson non gli dà tregua. Ascolta in silenzio da dietro le sbarre del gabbione nell’aula della prima Corte d’assise di Milano. Gli occhi sbarrati, fissi sul presidente del collegio, il giudice Guido Piffer, che ha appena letto la sentenza che lo condanna all’ergastolo e all’isolamento diurno per tre anni. Secondo i giudici di primo grado è lui, Antonino Benfante, detto Nino Palermo, 50 anni, il killer dei fratelli Tatone e di Paolo Simone, freddati nell’ottobre 2013. Tre morti ammazzati nel giro di tre giorni, roba che a Milano non si vedeva da anni. Un solo imputato che si è sempre dichiarato innocente. Questioni di droga. Le armi usate per la mattanza, mai ritrovate. Dopo quasi due anni arriva il primo verdetto che accoglie la richiesta del pm Laura Pedio sul massacro di Quarto Oggiaro.
Dietro il quale – ha ricostruito la Squadra mobile coordinata dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dai pm Daniela Cento e Pedio – si nascondeva il desiderio di Nino Palermo di impadronirsi del piccolo spaccio nel quartiere. Per farlo ha fulminato prima Emanuele Tatone che la mattina del 27 ottobre era agli orti di Via Vialba insieme all’amico Paolo Simone, colpevole di trovarsi nel momento e nel luogo sbagliato. Tre giorni dopo, la sera del 30, la stessa fine è arrivata per Pasquale Tatone, il vero capofamiglia, inchiodato al sedile della sua auto con tre colpi di fucile in via Pascarella, all’uscita di una pizzeria. Il movente per gli investigatori guidati dal dirigente della Squadra mobile Alessandro Giuliano è chiaro fin dal 5 dicembre 2013, giorno dell’arresto di Benfante.
La mafia non c’entra in questa storia che lega i destini di una delle più importanti famiglie malavitose di Quarto Oggiaro e uno spacciatore di piccolo calibro come Nino Palermo. Eppure nel suo passato non mancano indizi che portano alla criminalità organizzata. Sì, perché Benfante negli anni Novanta venne coinvolto nell’inchiesta antimafia Terra Bruciata e – almeno fino al 2006 – faceva parte di una delle batterie più operose agli ordini del “ras” di Quarto Oggiaro Biagio Dentino Crisafulli. Non solo. Nel 2012 partecipò a un tentativo di estorsione assieme a uomini legati al clan del superboss Pepè Flachi. Ma per gli inquirenti la sua carriera criminale non ha alcun peso in questa faccenda chiusa a colpi di pistola e fucile per conquistare il controllo su qualche bustina di cocaina e di eroina.
Così come si è ritenuto di non dover approfondire i contatti che Nino Palermo ha mantenuto subito dopo il triplice omicidio con personaggi vicini alla cosca di ‘ndrangheta dei Papalia e con vecchie conoscenze coinvolte nel sequestro dell’imprenditrice Alessandra Sgarella. Irrilevante per le indagini anche il fatto che Benfante avesse preso in affitto un box di proprietà di Vincenzo Novella, “indicato – recitano le informative – come un appartenente alla cosca Gallace-Cimino“. E fratello di Carmelo, ammazzato nel 2008. Benfante – incastrato da video, intercettazioni e dalla testimonianza della compagna (ritenuta poco credibile dalla difesa) – ha agito senza complici, per coronare il suo sogno e per rivalsa nei confronti dei Tatone. Questo è stato stabilito, anche se per leggere le motivazioni bisognerà aspettare novanta giorni.
L’avvocato difensore, Corrado Viazzo, aveva chiesto l’assoluzione e annuncia che ricorrerà in appello: “Presenterò anche un esposto al Csm per denunciare gravi irregolarità in questo processo, in quanto i giudici hanno escluso senza alcuna giustificazione l’audizione di alcuni nostri testimoni”. Ascoltato il verdetto, arrivato alle 12 e 30 dopo due ore di camera di consiglio e letto in pochi minuti, Benfante esce dalla gabbia scortato da due agenti della Polizia penitenziaria. Ad aspettarlo nel grande atrio al primo piano del Palazzo di giustizia c’è Mario Tatone, Toro Seduto – così lo chiamano – l’unico dei fratelli rimasto libero e vivo (Nicola è detenuto), che ha seguito l’udienza in aula. Vicino a lui, la figlia di Emanuele, commossa. I due si scambiano sguardi elettrici. Nino Palermo sfila davanti a Toro Seduto e a denti stretti gli sputa in faccia una frase che nel gergo della malavita vale più di una sentenza: “Siete una famiglia di infami“. Mario Tatone grida: “Ti mangio vivo“. Corre verso Benfante. Ci vogliono tre agenti per fermarlo. Mentre Nino Palermo guarda dritto e viene accompagnato verso l’uscita, dove un cellulare lo aspetta per riportarlo nel carcere di San Vittore.
Giustizia & Impunità
Milano, tre omicidi in tre giorni: ergastolo per il killer dei fratelli Tatone
Condannato Antonino Benfante, detto Nino Palermo, ritenuto responsabile dell'omicidio di Emanuele e Pasquale Tatone e di Paolo Simone, uccisi nell'ottobre 2013. Dietro il massacro, secondo gli inquirenti, la lotta per il piccolo spaccio a Quarto Oggiaro. In aula le grida tra l'imputato e il fratello di una delle vittime: "Siete una famiglia di infami", "Ti mangio vivo". I due sono stati tenuti a distanza dai poliziotti
Camicia bianca e pantaloni neri. Si appoggia alle stampelle. Il Parkinson non gli dà tregua. Ascolta in silenzio da dietro le sbarre del gabbione nell’aula della prima Corte d’assise di Milano. Gli occhi sbarrati, fissi sul presidente del collegio, il giudice Guido Piffer, che ha appena letto la sentenza che lo condanna all’ergastolo e all’isolamento diurno per tre anni. Secondo i giudici di primo grado è lui, Antonino Benfante, detto Nino Palermo, 50 anni, il killer dei fratelli Tatone e di Paolo Simone, freddati nell’ottobre 2013. Tre morti ammazzati nel giro di tre giorni, roba che a Milano non si vedeva da anni. Un solo imputato che si è sempre dichiarato innocente. Questioni di droga. Le armi usate per la mattanza, mai ritrovate. Dopo quasi due anni arriva il primo verdetto che accoglie la richiesta del pm Laura Pedio sul massacro di Quarto Oggiaro.
Dietro il quale – ha ricostruito la Squadra mobile coordinata dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dai pm Daniela Cento e Pedio – si nascondeva il desiderio di Nino Palermo di impadronirsi del piccolo spaccio nel quartiere. Per farlo ha fulminato prima Emanuele Tatone che la mattina del 27 ottobre era agli orti di Via Vialba insieme all’amico Paolo Simone, colpevole di trovarsi nel momento e nel luogo sbagliato. Tre giorni dopo, la sera del 30, la stessa fine è arrivata per Pasquale Tatone, il vero capofamiglia, inchiodato al sedile della sua auto con tre colpi di fucile in via Pascarella, all’uscita di una pizzeria. Il movente per gli investigatori guidati dal dirigente della Squadra mobile Alessandro Giuliano è chiaro fin dal 5 dicembre 2013, giorno dell’arresto di Benfante.
La mafia non c’entra in questa storia che lega i destini di una delle più importanti famiglie malavitose di Quarto Oggiaro e uno spacciatore di piccolo calibro come Nino Palermo. Eppure nel suo passato non mancano indizi che portano alla criminalità organizzata. Sì, perché Benfante negli anni Novanta venne coinvolto nell’inchiesta antimafia Terra Bruciata e – almeno fino al 2006 – faceva parte di una delle batterie più operose agli ordini del “ras” di Quarto Oggiaro Biagio Dentino Crisafulli. Non solo. Nel 2012 partecipò a un tentativo di estorsione assieme a uomini legati al clan del superboss Pepè Flachi. Ma per gli inquirenti la sua carriera criminale non ha alcun peso in questa faccenda chiusa a colpi di pistola e fucile per conquistare il controllo su qualche bustina di cocaina e di eroina.
Così come si è ritenuto di non dover approfondire i contatti che Nino Palermo ha mantenuto subito dopo il triplice omicidio con personaggi vicini alla cosca di ‘ndrangheta dei Papalia e con vecchie conoscenze coinvolte nel sequestro dell’imprenditrice Alessandra Sgarella. Irrilevante per le indagini anche il fatto che Benfante avesse preso in affitto un box di proprietà di Vincenzo Novella, “indicato – recitano le informative – come un appartenente alla cosca Gallace-Cimino“. E fratello di Carmelo, ammazzato nel 2008. Benfante – incastrato da video, intercettazioni e dalla testimonianza della compagna (ritenuta poco credibile dalla difesa) – ha agito senza complici, per coronare il suo sogno e per rivalsa nei confronti dei Tatone. Questo è stato stabilito, anche se per leggere le motivazioni bisognerà aspettare novanta giorni.
L’avvocato difensore, Corrado Viazzo, aveva chiesto l’assoluzione e annuncia che ricorrerà in appello: “Presenterò anche un esposto al Csm per denunciare gravi irregolarità in questo processo, in quanto i giudici hanno escluso senza alcuna giustificazione l’audizione di alcuni nostri testimoni”. Ascoltato il verdetto, arrivato alle 12 e 30 dopo due ore di camera di consiglio e letto in pochi minuti, Benfante esce dalla gabbia scortato da due agenti della Polizia penitenziaria. Ad aspettarlo nel grande atrio al primo piano del Palazzo di giustizia c’è Mario Tatone, Toro Seduto – così lo chiamano – l’unico dei fratelli rimasto libero e vivo (Nicola è detenuto), che ha seguito l’udienza in aula. Vicino a lui, la figlia di Emanuele, commossa. I due si scambiano sguardi elettrici. Nino Palermo sfila davanti a Toro Seduto e a denti stretti gli sputa in faccia una frase che nel gergo della malavita vale più di una sentenza: “Siete una famiglia di infami“. Mario Tatone grida: “Ti mangio vivo“. Corre verso Benfante. Ci vogliono tre agenti per fermarlo. Mentre Nino Palermo guarda dritto e viene accompagnato verso l’uscita, dove un cellulare lo aspetta per riportarlo nel carcere di San Vittore.
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Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.
(Adnkronos) - Gli attacchi - ordinati secondo quanto riferito dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump - hanno colpito radar, difese aeree e sistemi missilistici e di droni. Secondo il Times, l'obiettivo è riaprire le rotte di navigazione nel Mar Rosso che sono state minacciate dagli attacchi degli Houthi alle navi israeliane.