Citazioni mirate sparse in abbondanza. Due volte il presidente americano John F. Kennedy: “Non ci può essere progresso se le persone non hanno fiducia nel domani”, la frase ad affetto appiccata alla Liguria. Ma anche il comunista Mao Tze Dong, il navigatore genovese Cristoforo Colombo e persino Sandro Pertini (”onestà rettitudine e impegno), socialista e partigiano. E pazienza se accanto all’oratore, Giovanni Toti, neogovernatore della Liguria, sedeva Gianni Berrino, di Fratelli d’Italia, erede dei fascisti che il presidente più amato dagli italiani ha combattuto per tutta la vita.

Da abile comunicatore – è giornalista, ha diretto Studio Aperto e Tg4, risiede ad Ameglia, nell’estremo levante spezzino – Toti non ha afflitto il nuovo consiglio regionale con un discorso prolisso. Ha centrato i punti del programma, peraltro fin troppo facili da enucleare. Realizzazione delle opera a difesa del territorio flagellato dalle alluvioni, delle infrastrutture civili, ferroviarie e autostradali (si viaggia in treno ancora a binario unico per 30 chilometri verso la Francia); riordino della Sanità con eliminazione delle liste di attesa ospedaliere e riequilibrio fra entrate ed uscite in un settore che drena enormi risorse pubbliche. Politiche a favore dell’occupazione tout court e in particolare di quella giovanile che in Liguria tocca picchi record del 50%.

Il presidente della Regione Liguria ha persino strizzato l’occhio a Matteo Renzi, cui ha riconosciuto di essersi speso per avviare i cantieri del secondo lotto della copertura del torrente Bisagno. E si è metaforicamente scappellato di fronte al premier: “Il presidente del consiglio mi ha assicurato che i fondi per il Terzo Valico (bocciato dall’Europa, ndr) ci saranno”. E via solfeggiando. Toti ha definito “gigantesca” l’opera che attende la sua giunta. Lavoreremo 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Natale compreso”. Non ha infierito sulla giunta di centrosinistra che l’ha preceduto e ha chiamato maggioranza e opposizione a trovare punti di contatto sulle scelte strategiche per la Liguria, “una terra ricca di talenti che non produce ricchezza”. “Per me le buone idee non hanno colore politico” parafrasando proprio Mao che affermava: “Non importa se il gatto è bianco o nero. L’importante è che acchiappi i topi”.

Il presidente ha tenuto per sé varie deleghe, tra cui bilancio e patrimonio, e ha nominato 8 assessori: sei uomini e due donne. Tre assessori vanno alla Lega Nord, la vera vincitrice delle elezioni del 31 maggio, con oltre il 20% delle preferenze, mentre Forza Italia si era fermata al 12%. Tre anche al partito di Silvio Berlusconi e uno a Fratelli d’Italia. “Non abbiamo scuse. O cambiamo la Liguria o abbiamo fallito tutti. Io per primo” ha concluso Toti.

La vicepresidenza è toccata alla leghista Sonia Viale. sanremese, due volte sottosegretario (alle Finanze e agli Interni) nei governi guidati da Berlusconi. Maroniana di ferro, avrà Sanità, politiche Socio-sanitarie, Terzo settore, Sicurezza e Immigrazione. L’altro leghista doc, Edoardo Rixi, genovese, bruciato nella corsa a governatore dall’irruzione di Toti, è stato ricompensato con deleghe pesanti: Sviluppo economico, Industria, Commercio, Artigianato, ricerca, energia e con l’aggiunta della portualità e della logistica, settore chiave in Liguria. Stefano Mai, famiglia di pescatori di Santa Margherita, ma trapiantato nel Ponente (è sindaco di Zuccarello, nell’Imperiese) curerà Agricoltura, allevamento, caccia e pesca, sviluppo dell’entroterra, escursionismo e tempo libero. Mai è vicino a Francesco Bruzzone, nominato presidente del consiglio regionale, leader dei cacciatori liguri cui ha sempre riservato un occhio di riguardo.

Forza Italia potrà contare su Marco Scajola, nipote dell’ex ministro (che ha annunciato di voler tornare in politica a settembre). Imperiese, Scajola junior (eletto con oltre 4mila preferenze) avrà responsabilità politiche pesanti: urbanistica, pianificazione del territorio, demanio, tutela del paesaggio, politiche abitative ed edilizia. E’ ancora impigliato nella vicenda giudiziaria delle spese pazze in Regione: la Procura gli contesta l’acquisto di uno stock di biglietti natalizi di auguri dell’Unicef, costo tremila euro. Se venisse rinviato a giudizio e condannato, scatterebbe la legge Severino e dovrebbe abbandonare l’incarico politico. Ma Scajola si dice fiducioso di evitare il processo.

Giacomo Giampedrone, ex sindaco di Ameglia (la cittadina dove risiede Toti), ha vinto il derby casalingo con l’ex europarlamentare Carlo Fidanza, appoggiato da Giorgia Meloni. Si occuperà di lavori pubblici, infrastrutture, viabilità, ambiente, parchi, coste e della Protezione Civile per la quale Toti ha speso toni molto duri e promesso di ristrutturare alla radice. La giornalista ex Mediaset Ilaria Cavo, genovese, curerà un settore nuovo: comunicazione e giovani, a cui aggiungerò scuola, formazione, cultura e spettacolo. Cavo e Giampedrone potrebbero dimettersi da consiglieri per non mettere a rischio la maggioranza che conta su un solo voto di margine (16 su 30). In questo caso subentrerebbero rispettivamente Lilli Lauro, biasottiana e consigliere comunale a Tursi, e il legista Franco Senarega. Cavo e Giampedrone, eletti nel listino Toti, col governatore formeranno un gruppo autonomo, separato da Forza Italia.

Settimo in squadra il sanremese Gianni Berrino, ex vicesindaco della città dei Fiori in diverse amministrazioni di centrodestra. Si occuperà di Lavoro, trasporti, rapporti sindacali, promozione tuiristica, personale, tutela dei consumatori. Deleghe delicate (soprattutto trasporti, rapporti sindacali e personale) che nella giunta Burlando erano toccati all’esponente più a sinistra della coalizione, Enrico Vesco, ex del Partito dei comunisti italiani poi transitato nel Pd. Commento di Raffaella Paita, la grande sconfitta del Pd: “Un perfetto esempio di manuale Cencelli a trazione leghista e imperiese che umilia la presenza di Genova e dei Comuni capoluogo”.

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