Domani il Parlamento europeo voterà la Risoluzione sul diritto d’autore, di cui si è diffusamente parlato nei mesi passati, per poi passare la palla alla Commissione europea, che dovrebbe avviare l’iter normativo finalizzato all’adozione di una nuova Direttiva sul diritto d’autore.
La Risoluzione origina da un parere, nato a fine 2014 con ottimi auspici per iniziativa della vicepresenidente dei Verdi al Parlamento europeo, Julia Reda, ma che non ha in verità quasi più nulla di quello per cui era nato.
Le disposizioni che avrebbero consentito di modernizzare il diritto d’autore per adeguarlo al nascente (se mai nascerà) Digital Single Market, nel corso del cammino parlamentare sono state eliminate e sostituite, in alcuni casi, da definizioni di compromesso grottesche, nel miglior spirito del Conte Mascetti, (quello del film Amici Miei), che, come è noto, utilizzava termini privi di significato (e di utilità pratica) per nascondere ben altro.
Il parere è stato in realtà svuotato di ogni significato innovativo per il bombardamento effettuato sui parlamentari da parte delle grandi associazioni del diritto d’autore, spaventate da qualsiasi parola, gesto o tremore che potesse modernizzare il diritto d’autore.
Non a caso, i fini giuristi che si sono esercitati in questo gioco, si sono aggrappati all’impossibilità di modificare alcunché del diritto d’autore, in virtù della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, adottata appunto Berna nel 1886, un accordo internazionale che stabilisce per la prima volta il riconoscimento reciproco del diritto d’autore tra le nazioni aderenti.
Questo nel 2015.
Nonostante ciò, la storia di questi mesi ha consegnato ai resoconti parlamentari l’emergere di figure di fatto sconosciute al pubblico, che fanno ben sperare in un prossimo futuro, per un ricambio generazionale (e di mentalità) nelle istituzioni (non solo comunitarie).
Stiamo parlando in primo luogo della stessa giovanissima di Julia Reda, sostenuta anche da uno staff giuridico e tecnico (tutti sotto i trenta) di prim’ordine, proveniente dai migliori think thank comunitari (come ad esempio l’organizzazione no profit Communia), il cui lavoro incessante, che ha avuto punte drammatiche per l’enorme ostilità manifestata nei suoi confronti, è stato sempre visibile al pubblico, attraverso le notizie che la stessa Reda puntualmente forniva sul suo sito.
Anche Isabella Adinolfi, autrice del parere sulla modernizzazione del diritto d’autore nella Commissione Cultura del Parlamento europeo, due master in altrettante Istituzioni accademiche comunitarie, dotatasi di uno staff di prim’ordine tra ex bocconiani e frequentatori del Collegio D’Europa e semplici cittadini Italiani che sono dovuti emigrare per poter mettere in mostra le proprie capacità.
La combattiva parlamentare pentastellata, di fronte all’evidente stravolgimento di significato dello spirito delle modifiche al diritto d’autore, con una mossa tattica a sorpresa, ha votato qualche mese fa contro il suo stesso parere, per non consentire all’emiciclo di utilizzare impropriamente il suo nome, su un testo che non condivideva più.
Stessa scelta fatta dal giovane parlamentare verde di nazionalità austriaca Michel Reimon, che si è rifiutato di sottoscrivere e di assegnare il proprio nome, su un altro parere sul diritto d’autore, questa volta sulla responsabilità degli intermediari, passando la palla alla presidente della Commissione Cultura Silvia Costa, che ha assunto la paternità del dossier.
Quello che purtroppo non è accaduto con lo stesso parere di Julia Reda, che non ha avuto il coraggio (o la forza), almeno sin qui, di dire no. Una bella figura l’hanno fatta in questa partita anche i parlamentari della ex lista tsipras (riuniti nel Gruppo europeo Gue) eletti in Italia, come ad esempio Curzio Maltese, giornalista di lungo corso, che ha sollevato più volte dubbi sulle modifiche che stavano operando i Gruppi di maggioranza, concentrandosi sulle eccezioni al diritto d’autore nel settore della ricerca e delle biblioteche.
Maltese ha sempre sostenuto la necessità di aiutare la ricerca italiana, mettendo a disposizione degli stessi ricercatori il maggior numero di fonti informative possibile, attenuando le rigide norme in tema di diritto d’autore.
In questi ultimi giorni sembra essersi risvegliata anche la paladina della Net Neutrality al Parlamento europeo Marietje Schaake, del Gruppo liberale Alde, ostacolata però dalla presenza nel suo schieramento di sensibilità molto diverse come quelle dell’europarlamentare francese Cavada, leader dello schieramento “conservatore” sul diritto d’autore.
La Risoluzione contiene in verità norme lesive dei diritti alla circolazione dei contenuti digitali. Per dire 80 parlamentari del Partito Popolare hanno introdotto, nonostante vi fossero accordi per non modificare il testo, emendamenti diretti ad introdurre una Google Tax sulle news, mentre il parlamentare Jean Marie Cavada, ha introdotto un emendamento che impone un rigido copyright sulle foto dei monumenti pubblici, rendendo impossibile il cd diritto di panorama. Fatto che ha scatenato immediatamente la reazione dell’enciclopedia libera Wikipedia, che non potrebbe più inserire foto di luoghi pubblici, nelle proprie schede. Altre disposizioni della norma prevedono un irrigidimento della posizione degli intermediari della Rete, al fine di renderli veri e propri poliziotti del Web.
Insomma un pasticcio, che il Parlamento europeo, cercherà domani di districare.