L’Economist ci rammenta che, uno stratagemma abbastanza comune, per affrontare crisi di liquidità come quella in cui si trova oggi la Grecia, consiste nell’emettere delle “promesse di pagamento da parte dello Stato” (in inglese ‘scrip’) che possano poi circolare come mezzi di pagamento.
Questo sistema ha una storia abbastanza lunga e sembra aver funzionato in California nel 2009, un po’ meno in Argentina dove ha dato vita ai celebri Patacon dal nome particolarmente autoesplicativo per le orecchie italiche.
Gli inconvenienti tecnici con riferimento al caso greco, secondo il settimanale britannico, sarebbero la perdita di fiducia nella moneta con incentivo all’utilizzo di mezzi alternativi di pagamento e le note complicazioni derivanti dalla doppia circolazione di monete con valore intrinseco differente, sintetizzate in quella che gli economisti chiamano ‘legge di Gresham’.
Ma proviamo a ipotizzare il caso in cui una parte, diciamo il 20% o il 30% delle pensioni e degli stipendi pubblici venisse pagata in titoli di debito dello Stato: non sarebbe un adorabile contrappasso per far sentire anche ai greci cosa si prova a vantare crediti verso il loro Stato? Su 80 miliardi di spesa pubblica di cui 55 in stipendi e emolumenti questa ipotesi potrebbe portare un vantaggio di cassa di 10-15 miliardi.
Il diavolo ovviamente sta nei dettagli, ossia in come questi titoli possono essere utilizzati. Ovviamente, lo Stato che li ha emessi dovrebbe accettarli come mezzo di pagamento delle imposte e questo potrebbe scatenare i sogni bagnati dei nemici dell’evasione fiscale, problema peraltro molto significativo in Grecia: paghiamo in titoli statali e pensionati, obblighiamo i professionisti evasori ad accettare i titoli in pagamento e, non potendoci fare altro saranno costretti a pagare le tasse.
Purtroppo il mondo reale non funziona proprio così, uno dei problemi dei sistemi come la Grecia è appunto l’applicazione della legge: questi ipotetici titoli sarebbero probabilmente spendibili solo a fronte di uno sconto sul valore nominale e convertibili, in misura molto limitata e con sconto ancora maggiore. In pratica sarebbe un modo surrettizio per tagliare pensioni e stipendi.
Se all’atto pratico non cambia granché rispetto alla tanto vituperata Austerity, quest’ipotesi si potrebbe vendere all’interno in chiave ‘patriottica’ e inviare all’esterno un segnale di buona volontà: forse dopo aver votato per il gatto e la volpe, potrebbe essere istruttivo per i greci seppellire qualche zecchino nel campo dei miracoli e perderlo prima di far la fine degli asini continuando a inseguire il paese dei balocchi.
Ps: onde evitare che lo spirito di questo post, volutamente provocatorio, venga preso troppo sul serio o frainteso, rubo dall’account del mio amico Alberto Bisin un passaggio che descrive il mio punto di vista, meglio di come avrei saputo farlo io:
“Alla fine l’economia è disciplina semplice: vive bene chi produce cose che gli altri vogliono (che sono cioè disposti ad acquistare – con danaro generato dalla vendita di cose che gli altri vogliono). Tutto il resto è politica”.