“Santo non c’è più, ma è morto sereno, senza soffrire…”, così Teresa Marchesi, compagna di vita e solidale protagonista e complice di mille avventure, mi ha annunciato la fine di Santo.
In quel momento, come spesso accade di fronte alla morte, ho ripensato ai tanti fotogrammi di un film girato ed interpretato insieme, sempre dalla stessa parte, senza mai una lite, sempre alla ricerca di periferie oscurate, dimenticate, oscurate.
Lo ricordo a Torino giovane redattore della sede Rai, preoccupato di raccontare le lotte degli operai della Fiat e dell’indotto, volontario nel gruppo Abele, amico di Don Luigi Ciotti, iscritto al PCI di Enrico Berlinguer, che considerava un punto di riferimento etico ancor prima che politico. In quegli anni comincia le sue inchieste sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche, sui processi produttivi nocivi per l’ambiente e per la salute, racconta le morti da amianto a Casale Monferrato, a Monfalcone, a Taranto, a Marghera.
Non smetteva di indignarsi ad ogni morto sul lavoro, non sopportava l’ipocrita espressioni ‘morti bianche’, segnalava sempre nuove storie, talvolta sfidando il cinismo e l’indifferenza di chi preferisce il salotto della politica alla durezza delle inchieste sul campo.
Con lo stesso impegno raccontava le guerre, le stragi, il terrorismo, ma anche i movimenti che tentavano e tentano di contrastare violenza ed intolleranza realizzando i ponti della pace e della comprensione.
Per questo la marcia Perugia Assisi, la Tavola della Pace, Libera, Articolo 21, lo hanno incontrato non solo come cronista, appassionato e rigoroso, ma anche come amico e compagno, entusiasta protagonista di ogni iniziativa.
Quando, insieme a tante altre e altri decidemmo di fondare il Gruppo di Fiesole prima, ed Articolo 21 poi, Santo fu tra i protagonisti, sempre attento alla costruzione di un nesso profondo tra il diritto ad informare rivendicato dai giornalisti, ed il diritto ad essere informati non sempre garantito alla pubblica opinione.
Santo non amava i recinti della corporazione, contrastava le leggi bavaglio non solo perché ledevano e ledono i diritti dei cronisti ma anche e soprattutto perché ‘oscuravano’ il diritto alla conoscenza dei cittadini.
Per questo aveva accettato, dopo la morte di Roberto Morrione, di sostiuirlo nel difficile ruolo di portavoce di Libera Informazione. Da quella postazione, assistito da Norma, Alessio, Lorenzo, aveva cercato di promuovere inchieste e dossier e di non lasciare mai soli i cronisti esposti alle minacce, alle ritorsioni, alle querele temerarie.
Questa ansia, insieme a quella rimasta delusa, di una riforma della Rai degna di questo nome, ha accompagnato gli ultimi mesi della sua vita e l’impegno come presidente della Fnsi.
Un ruolo, questo, ricoperto con orgoglio e con la determinazione di chi ha creduto davvero nei valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione. Negli ultimi colloqui ha continuato a chiederci di non mollare, di contrastare i bavagli, di far decollare il sito “Illuminare le periferie del mondo”, quella rete orizzontale che avrà il compito di spostare i riflettori mediatici verso i temi e i soggetti trascurati o ignorati.
Santo Della Volpe era uomo di passioni e di compassioni, intese come partecipazione solidale alle vite degli altri, a partire da quelle degli ultimi, dei senza potere, di quelli che sono spesso condannati al silenzio, politico e mediatico.
Ci piacerebbe che il nuovo sito venisse a lui dedicato e che portasse il suo nome, ma ovviamente, come sempre, lo decideremo tutti insieme, così come sarebbe piaciuto anche a Santo.
A chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene, chiediamo solo di inviarci un pensiero, un ricordo, poi li raccoglieremo e li porteremo a Teresa, affinché possa custodire la memoria e l’affetto di chi ha avuto la fortuna di condividere con Santo un lungo percorso comune.
Tutti insieme, ovviamente, troveremo il modo migliore per ricordarLo, e per legare il nome di Santo alla sua continua lotta contro bavagli, oscurità ed oscurantismi.